Gli insegnanti hanno l’obbligo di informarsi degli orari in cui devono presentarsi in classe a svolgere le lezioni: non è compito della scuola avvertire i docenti, a livello nominale e individuale, dell’inizio dei loro corsi con relativa ‘tabellina’ dei giorni di presenza.
A dirlo è la Cassazione che ha confermato la sospensione dal servizio per un mese con relativa perdita dello stipendio nei confronti di un docente, Marcello C., pianista accompagnatore presso l’Accademia nazionale di Danza di Roma. Si tratta, chiaramente, di una sentenza diretta alle scuole di alta formazione, come le Accademie, ma per analogia il concetto si può estendere anche agli altri ordini e tipi di scuola.
Nella fattispecie, per i supremi giudici il professore era stato assente in maniera “consecutiva e ingiustificata” dal quattordici ottobre al tre dicembre del 2008. Contro il provvedimento punitivo preso dalla direzione dell’Accademia, e confermato dal Tribunale di Roma e poi anche dalla Corte di Appello nel 2016, il docente ha protestato in Cassazione sostenendo che “sarebbe stato onere della stessa Accademia comunicargli nominativamente quando avrebbero avuto inizio le sue lezioni”, dal momento che – sosteneva – ai ‘prof’ dell’Accademia si deve applicare una disciplina diversa rispetto ai docenti delle scuole primarie e secondarie. Invece, non è così: la disciplina è la stessa.
Secondo la Cassazione, invece, non merita obiezioni il verdetto della Corte di Appello per cui è uno degli obblighi imprescindibili e “basilari del lavoratore rendere la prestazione per la quale è retribuito, ed è corrispettivo onere di diligenza prendere tempestiva conoscenza delle relative modalità”.
Nella sentenza 16597, depositata il 22 giugno, il maestro non ha solo perso definitivamente il mese di stipendio, con relativa parte previdenziale, ma è stato condannato anche a pagare 2.700 euro di spese legali.
Secondo i giudici ‘ermellini’, nemmeno l’eventuale “mancata affissione in bacheca dell’orario dei suoi corsi (…) avrebbe legittimato” il maestro pianista ad assentarsi.
La concessione di autonomia verso il docente di piano, quindi, “non esonerava il docente dal prenderne conoscenza, in assolvimento degli atti di diligenza preparatoria allo svolgimento della prestazione, funzionali al corretto assolvimento della stessa”.
Per recuperare la somma sottratta, il docente aveva anche formulato richiesta di fruire di un permesso di trenta giorni e “non avendo l’Accademia presentato alcun provvedimento di diniego, l’istanza di permesso avrebbe dovuto essere considerata accolta”.
Tuttavia, i giudici hanno replicato che “la semplice domanda di permesso non legittimava il docente ad assentarsi dal lavoro senza attendere la formale autorizzazione del datore, non risultando alcuna previsione o prassi aziendale che assimilasse la mancata risposta all’autorizzazione”.
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