I lettori ci scrivono

I dubbi dei professori

Per il 14 settembre è fissato l’inizio dell’anno scolastico ma già nell’ultima settimana di agosto o, in ogni caso, dal primo settembre, le scuole inizieranno le attività di recupero e integrazione didattica relative all’anno scolastico precedente. Dubbi e timori serpeggiano tra le parti coinvolte (personale della scuola, genitori, alunni) e alcune delle scelte fatte (o non fatte) sembrano perlomeno infelici, se non addirittura contro-logiche. Convinti che i pareri in campo siano diversi (purtroppo anche tra gli “esperti”) parleremo a titolo personale, consci tuttavia che quel che scriviamo è condiviso da molti.

Una premessa è d’obbligo: tutti sembrano d’accordo sull’esigenza della separazione sociale. Ora, affiancando le parole separazione e scuola, si crea inevitabilmente un ossimoro. La scuola che tutti abbiamo frequentato perlomeno da alunni è per definizione un luogo di aggregazione sociale. Gli alunni si aggregano in classi, le classi si aggregano in scuole e, per distrarsi quindici minuti, durante la ricreazione, gli alunni si aggregano in cortile e nei corridoi e gli insegnanti si comprimono nella sala docenti. Ci si aggrega anche prima di entrare, negli spazi antistanti la scuola e ci si accalca all’uscita, sollevati dal suono dell’ultima campana. L’aggregazione, inoltre, è persistente nel tempo della giornata scolastica e avviene in spazi chiusi, spesso privi di sistemi di areazione forzata e/o areati da qualche finestra.

Vi sono scambi tra i diversi ambienti: i docenti al cambio d’ora transitano da una classe ad un’altra, le classi intere cambiano ambiente per andare in palestra o nei laboratori. Viste tali premesse, il problema di fare scuola con separazione sembrerebbe impossibile. Eppure, leggiamo dalle cronache le notizie più disparate: l’opposizione pretende che il governo faccia ripartire la scuola in presenza, consapevole dell’enormità del problema che questi dovrà affrontare e il Premier di governo e il Ministro dell’istruzione si sono impegnati in prima persona affinché ciò avvenga.

Il sospetto fortissimo è che la questione sia diventata politica e cioè una di quelle faide tra governanti per le quali ci si scanna fino alla morte azzerando ogni capacità di ragionamento.

Quindi cercheremo di evidenziare tutte quelle storture che alla nostra mente di matematici, fisici e informatici appaiono come delle contraddizioni logiche senza appello. Lo faremo senza seguire un ordine preciso e sperando che chi legga non vada alla ricerca del fatidico congiuntivo sbagliato ma guardi alla sostanza.

La distanza di sicurezza. All’inizio le scuole hanno ricevuto l’ordine di assicurare 2 metri tra le rime buccali (bocche) di due alunni e segnalare il fabbisogno di aule aggiuntive per assicurare tale distanziamento. Fatti i conti, molte scuole hanno richiesto un corposo incremento di aule. Non essendo in grado di far fronte a tale fabbisogno, il Ministero (coadiuvato dal CTS, si spera) rivede al ribasso la distanza di sicurezza: va bene anche 1 metro (diminuzione del 50%) tra le rime buccali. Rifatti i conti e comunicato il nuovo ridotto ma sempre esoso fabbisogno di aule al Ministero, alle scuole viene risposto: laddove non sia possibile assicurare il metro va bene anche “meno di un metro” in attesa di trovare gli spazi. COSA? Ma che vuol dire meno di un metro? 99 centimetri sono meno di un metro ma anche 1 centimetro è meno di un metro. In attesa di trovare gli spazi? QUANTO in attesa? Ma vi immaginate di andare dal dottore e che questi vi prescriva: “Lei deve prendere due pillole al giorno per guarire.” E voi: “Ma, dottore, non me le posso permettere!” E il dottore: “Va bene anche una pillola al giorno allora.” E voi: “Dottore, ancora non ci siamo, troppo costoso!” E infine il dottore, spazientito: “Va bene anche meno di una pillola al giorno, in attesa che troviate i soldi”.  Ma siamo seri? La distanza di sicurezza a giugno era 2 metri, a luglio 1 metro e ad agosto meno di 1 metro. Ma non c’era uno studio dietro? Un parere scientifico? Qua si parla della salute dei nostri ragazzi e se qualcosa dovesse andar storto il conto verrà presentato a tutto il personale della scuola.

Mantenimento distanza di sicurezza. Penso che siamo tutti d’accordo sul fatto che una distanza di sicurezza debba esserci e che questa debba essere mantenuta, per quanto possibile. La logica imporrebbe postazioni fisse.

Non potendo bullonare milioni di banchi al pavimento, si poteva pensare almeno di dipingere delle postazioni fisse al suolo. Rimedio proposto: acquisto di milioni di banchi con le ruote.

Vorremmo capire bene: nell’esigenza di mantenere fisse le postazioni, si stanno acquistando milioni di banchi dotati di raffinati meccanismi azzera-distanza (volgarmente detti ruote) che permetteranno agli alunni di sbizzarrirsi in sofisticati e fantasiosi aggregamenti? Non abbiamo quasi la forza e la voglia di commentare. Si potrebbe discutere sulla minima valenza didattica di tali postazioni (che potrebbero andar bene in qualche laboratorio di robotica) ma appare intempestivo comprarli adesso. È come dare agli alunni un giocattolo e chiedere loro di non scartarlo. La nostra età media si aggira sui 50 anni ma, se ci date dei banchi con le ruote, anche noi ci mettiamo a girovagare. Già la distanza di sicurezza varia in un intervallo tra 1 e 99 centimetri, immaginate ora che gli estremi dei banchi abbiano le ruote… Si è poi molto speculato sul costo di tali banchi, sono di certo cari ma sono anche molto delicati: hanno ruote, cuscinetti e giunture.

Non vanno valutati solo i costi d’ingresso, vanno valutati anche quelli di manutenzione e riparazione. Infine, vi proponiamo di immaginare una situazione che molti di voi avranno vissuto, una classica riunione di lavoro in cui stiate cercando la soluzione ad un problema complesso. Quale pensate che sia il valore aggiunto che otterreste se foste seduti su scattanti postazioni con le ruote?

Strategie antecedenti l’inizio dell’anno scolastico. Nella prima metà di agosto si è permesso per un breve periodo di aprire le discoteche, giusto il tempo di fare galoppare il contagio tra i giovani. Poi, dopo il Ferragosto, le discoteche sono state chiuse. Gli esperti hanno detto che gli effetti di questi contagi si vedranno tra due settimane circa. Bene, qui abbiamo bisogno di tutte le nostre competenze matematiche perché il calcolo è complicato. Dunque, partendo dal Ferragosto e aggiungendo circa due settimane, giorno più giorno meno otterremo fine agosto-inizio settembre, cioè l’inizio in tutta Italia delle attività didattiche inerenti corsi di recupero e attività integrative dell’anno precedente. Ora, capiamo che il settore del turismo sia stato fortemente danneggiato e che il settore delle discoteche abbia sofferto particolarmente, ma non si potevano stabilire delle priorità? Quanto è stato razionale permettere al virus di incubarsi in migliaia di giovani (ai quali in gran parte farà il solletico) due settimane prima che questi stessi giovani vadano ad aggregarsi nelle scuole?

Volete rinnovare il parco docenti? Ricapitoliamo.A metà agosto si è permesso ai giovanotti di fare qualche giorno di baldoria, tanto il virus a loro non fa quasi niente, se ne sta incubato al calduccio. A settembre riuniamo questi giovani, tra cui inevitabilmente ci saranno degli asintomatici, in aule con una pseudo-distanza di sicurezza, dotiamoli di ruote e, quando tutto è pronto, prendiamo un docente anzianotto con un’età media compresa tra 50 e 60 anni e mandiamolo a far lezione. Però, attenzione, ogni ora facciamo suonare la campanella e facciamogli cambiare classe, così respira un’aria nuova. Rimedio proposto per evitare il contagio: l’insegnante farà il test (volontario) prima di entrare in classe. Ed ecco ripresentarsi la contro-logica: non erano gli insegnanti che sgambavano felici nelle balere estive, erano i ragazzi. In questo frangente l’insegnante, che per età media agli alunni viene nonno, è la parte debole. Quando si parlò di plexiglas(s), invece di arrovellarsi se fosse corretto scriverlo con una esse o con due, non si poteva prevedere una cattedra isolata per proteggere il docente nonnetto dai suoi potenziali e involontari studenti killer?

All’università non si studia più. Eh sì, se per la scuola la riapertura in presenza è diventata un caso politico perché la didattica da casa non può sostituire quella in presenza e poiché evidentemente lo stesso assioma deve valere per gli studi superiori e professionalizzanti, l’unica spiegazione è che la didattica universitaria non sia poi così importante. Certo, perché all’università nessuno si è posto il problema della presenza: anche gli esami, che sarebbe facile organizzare in presenza, continuano a svolgersi a distanza. Futuri medici, magistrati e ingegneri avranno seguito svariati corsi a distanza e sostenuto esami a distanza. Direte voi “Ma all’università sono più grandi”. Dico io “Un ragazzo che si diploma a luglio a settembre è già all’università”. Non sarà più semplicemente che i professori universitari, tra cui molti avvocati e politici, non si fanno mettere i piedi in testa come i professori di scuola?

Conclusione? La verità è che siamo lontani da una conclusione e fino ad oggi è stato detto tutto e il contrario di tutto. A parte la veste ironica di alcuni passaggi di questa lettera, con la riapertura delle scuole in presenza vi sarà il concreto rischio di contagio per tutta la comunità scolastica e di riflesso per tutte quelle persone che vivono a contatto con essa: personale scolastico, alunni e famiglie che lo Stato ha il dovere di tutelare.

Allora non sarebbe forse il caso di ammettere con coraggio (ed in barba alle speculazioni politiche pre-elettorali) che in questo momento l’unica alternativa per l’inizio dell’anno scolastico è la didattica a distanza?

Andare in classe, a fronte di gravi rischi per la salute, non garantirebbe didattica e socializzazione più efficaci di quelle che si possano avere con una didattica a distanza organizzata, che preveda anche momenti programmati in presenza, magari con piccoli gruppi per un confronto con gli insegnanti e/o per le verifiche.

Un inizio cautelativo è, a nostro avviso, quasi obbligatorio nell’esercizio della ragione e in attesa che l’avanzare dell’autunno ci apra nuovi scenari da esplorare.

Fabio Rindone (docente)

Carmelo Maccora (docente e genitore)

Massimo Marletta (docente e genitore)

Valeria Cannia (docente e genitore)

Emanuela Guzzone (docente e genitore)

Rita Distefano (docente e genitore)

I lettori ci scrivono

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