Inclusione, competenze, conoscenze, abilità, sono alcuni dei vocaboli più in uso nell’universo della didattica, delle metodologie che servono per condurre gli studenti al pieno possesso delle competenze.
La scuola deve per sua natura sociale, antropologica, formativa portare alla piena inclusione. Ma questa eccessiva inclusione dove porta? Sicuramente non conduce verso la qualità dell’istruzione, perché la massificazione della scuola apre tutti all’istruzione a discapito della qualità della stessa.
L’obbligo scolastico che le leggi del sistema nazionale d’Istruzione vogliono addirittura portare al diciottesimo anno non è la strada maestra anche se questo un po’ stride con il dettato costituzionale, in cui si afferma che “tutti anche se privi di mezzi hanno diritto a raggiungere i gradi più alti dell’istruzione”.
La scuola quindi è importante e studiare è un diritto sacrosanto di tutti gli studenti che spesso viene calpestato dalla presenza nel contesto scolastico di alunni che continuamente ledono il diritto allo studio.
È inutile, in un ambiente didattico complesso parlare di conoscenze, competenze, abilità, strategie didattiche. Tutte le strategie producono risultati, ma ci vuole l’interesse e la volontà, il coinvolgimento dell’alunno che deve cooperare con l’insegnante non portarlo alla sfida. Le ore frontali, così come sono strutturate sono eccessive per questa generazione di studenti.
Bisogna privilegiare una didattica differente, diversa, lungi dalla spiegazione e dall’interrogazione, una didattica manuale e laboratoriale, anche se quella laboratoriale in alcuni contesti scolastici si rileva pericolosa e improduttiva.
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