Come si ricorderà durante la notte di Capodanno a Colonia si sono verificati atti di violenza contro molte donne che festeggiavano il nuovo anno nella piazza del Duomo. Quei fatti così efferati hanno aperto il consueto dibattito sugli immigrati di cultura islamica, mentre in Germania sono state fermate 31 persone a fronte di 121 denunce, tra cui 3 per violenza sessuale. Nove persone fermate sono di origine algerina, otto provenivano dal Marocco, cinque dall’Iran e quattro dalla Siria. Tra loro anche due cittadini tedeschi, un iracheno, un serbo e un cittadino degli Stati Uniti. Sarebbero 18 i profughi, ma nessuno di loro è collegato ai fatti di molestie. Sono sospettati per lo più di furti e lesioni corporali.
Per provare a capire qualcosa di più, Vita.it, si è rivolto a Paolo Branca, islamista e professore all’Università Cattolica di Milano.
Fatti come quelli di Colonia, sono “avvenute al tempo delle primavere arabe. A Il Cairo soprattutto. Uno dei meccanismi con cui i regimi hanno reagito alle proteste è stata quella di svuotare le carceri dai delinquenti comuni e ritirare la polizia. Per cui a Il Cairo i cittadini hanno dovuto organizzare un servizio di ronda per garantire la sicurezza di donne e ragazzi. Fu uno choc perché in queste società molto tradizionaliste non erano mai successo. Aggressioni di gruppo a ragazze, magari velate, sono state un grande scandalo. Questo vuol dire che i regimi oppressivi controllano la gente ma appena cala la vigilanza succedono fatti simili”.
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“Siamo di fronte”, spiega ancora l’islamista, “ad un segnale molto più generale del fatto che quello che noi consideriamo la morale comune sta entrando in crisi. In Sud America spariscono ogni anno migliaia di donne e bambini per il traffico di organi. Stiamo parlando di paesi cristiani nel cortile degli Usa. Siamo in un’epoca di forte crisi dei valori e dei principi. Stiamo trasmettendo ai giovani il messaggio che ognuno può fare quello che vuole, basta che si trovi a proprio agio con sé stesso”.
Ma dietro alle violenze di Colonia potrebbe esserci pure “la malavita locale che incoraggia queste persone, che magari sono anche tossicodipendenti, al furto e nel mentre succeda anche altro non è da scartare come ipotesi”, mentre il professore è sicuro che “il problema non sono gli stranieri ma il fatto che il buon senso comune non funziona più come una volta. E questo è molto preoccupante. Gli stranieri sono solo una delle tante variabili”.
E “non se ne esce”, se non si innesca “una riflessione di tipo alto e invece noi abbassiamo sempre di più il livello. Non si può discutere sempre sul piano emotivo. E invece noi discutiamo sempre e solo di pancia. Non esistono più i tabù che erano l’unica cosa che ci distingueva dagli animali. Non riusciamo, vedendo il sintomo, a capire quale sia la malattia. E la malattia è un mutamento antropologico che ha messo fuori gioco famiglia, scuola e religione. L’educazione è entrata in crisi. E recuperarla non è né facile né automatico”.
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