I “furbi” che operano nella scuola non devono guardarsi solamente della legge Brunetta n. 15/09: dichiarare di essere malati all’istituto dove si presta servizio e non rispettare le fasce di reperibilità nel proprio domicilio rappresenta da sempre un reato che corrisponde a truffa ai danni dello Stato. Con tutte le conseguenze che comporta, ad iniziare dal rischio fondato di perdere il posto lavoro.
Una vicenda di questo genere è accaduta nei giorni scorsi in un istituto scolastico di Agerola, in provincia di Napoli, dove un docente 57enne ha presentato un certificato medico con cui si prescrivevano 23 giorni di riposo a causa di “dolore e ipomobilità” a una spalla. La regolare ciclicità dei malanni però ha allertato il dirigente scolastico, che di fronte all’ennesimo certificato (peraltro superiore ai 15 giorni e quindi causa di chiamata obbligatoria in servizio del supplente, i cui onere vanno tutti a carico di un Fis come noto sempre più scarno) ha deciso di segnalare il fatto alle autorità.
I sospetti non erano infondati. Dalle indagini dell’Arma dei Carabinieri si è scoperto che il docente, ufficialmente malato, in realtà si era recato a New York per una vacanza, nemmeno tanto breve, da trascorrere con alcuni conoscenti. Una circostanza, l’alto numero di giorni di malattia prescritti, che determinerà probabilmente qualche problema anche al medico che ha firmato il certificato.
Per non avere sorprese in fase processuale i militari hanno aspettato l’insegnante, di ritorno dalla “Grande Mela”, direttamente all’aeroporto: contestandogli il reato di truffa aggravata già ai piedi alla scaletta dell’aereo, dove era sceso con uno zainetto sulla spalla. Proprio quella che gli recava “dolore e ipomobilità”.