Si parla di scuola e merito, questa volta a farlo è il sociologo Luca Ricolfi intervenuto alla trasmissione Timeline su Rai3. Il professore ha parlato molto di merito e meritocrazia, ma anche dei rapporto tra genitori, studenti e docenti.
Sul merito il sociologo ha le idee chiare: “Se un ragazzo va male a scuola ed è di ceto alto, la famiglia ha 1000 modi di sostenerlo ugualmente, con le ripetizioni private, con il patrimonio familiare che aiuta quando si immettono nel mercato del lavoro e anche con il sistema delle conoscenze dei genitori. Il ragazzo di ceto popolare quali armi ha? Nessuna di queste. Ha solo un’arma, la preparazione. Ma se tu hai deciso di abbassare il livello, hai disarmato chi non ha possibilità economiche. Si pensa che l’abbassamento del livello aiuti i ceti più bassi, invece li danneggia”.
E continua: “Ci possono essere due antidoti a tutto questo: distinguere i capaci e i meritevoli da quelli che non lo sono. I primi devono essere sostenuti quando sono privi di mezzi, e ciò dalle scuole superiori all’università. I ragazzi che hanno difficoltà a scuola, qualsiasi sia il ceto, hanno bisogno di supporto personalizzato anche nel pomeriggio con il ‘pieno tempo’, come diceva Don Bosco, con docenti che li seguono”.
E per quanto riguarda la triade genitori-figli-docenti, il sociologo, partendo da una sua riflessione molto criticata sul web “i genitori sono diventati i sindacalisti dei figli”, ha dichiarato: “Non è stato sempre così, non solo ai miei tempi, ma anche nei tempi successivi. Posso dire che da circa 25 anni i genitori hanno aderito a questo atteggiamento verso la scuola, di trasformarsi in sindacalisti dei loro figli. Però non ci sono solo i genitori che vanno a protestare dal preside, c’è una cosa molto più preoccupante per l’insegnante, l’incubo del ricorso. Tu insegnante sai benissimo che se quello lì che è insufficiente in 4 materie viene bocciato, può esserci un ricorso. E magari trovano un cavillo nel registro che permette di respingere la decisione”
E aggiunge: “Il vero problema che rovina la vita degli insegnanti è l’impossibilità di dare delle valutazioni negative, quando sono meritate. Al massimo si può dare qualche insufficienza durante l’anno, ma poi quando arriva il momento di decidere chi continua e chi no, le pressioni per trasformare i 4 in 6, anche quando le insufficienze sono molte, sono fortissime”.
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