“Bisogna curare le parole, lo ha detto anche Papa Francesco: le parole possono servire per uccidere, per colpire le differenze e le diversità, per innalzare i muri dell’odio, il muro del razzismo oppure per alzare i ponti dall’accoglienza e dell’inclusione”. Così si è espresso Giuseppe Giulietti, presidente della Federazione nazionale della Stampa italiana, a margine della giornata in cui la ‘Rete nazionale delle Scuole di Pace’ ha organizzato in incontro di 6mila alunni con Papa Francesco nell’Aula Paolo VI del Vaticano.
Giulietti, il suo intervento dal palco è stato molto apprezzato, ce lo riassume?
Le giornaliste e i giornalisti devono essere costruttori di pace e partecipare attivamente alla rete dell’educazione alla pace. Perché informazione e formazione sono parole simili e talvolta un cattivo servizio giornalistico distrugge una giornata intera di formazione.
Cosa può fare la scuola per favorire la pace anche a livello mondiale?
Intanto, in primo luogo crediamo nella scuola, cerchiamo di investire nella scuola e di premiare questi straordinari insegnanti. Queste scuole di pace fanno ogni giorno laboratori per la legalità, per la pace, laboratori contro l’inquinamento, usano le parole per conoscere e non per ammazzare: troppo spesso anche noi giornalisti se c’è un caso di bullismo lo sbattiamo in prima pagina, ma centinaia di attività quotidiane vengono oscurate. Cominciamo a credere di più nei tanti laboratori di pace in giro per le nostre scuole.
Cosa possiamo dire agli insegnanti?
Agli insegnanti possiamo dire semplicemente grazie per quello che state facendo. E convincetene tanti altri.
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