Sono giorni caldi per la scuola italiana: il 17 giugno, alle 8,30, prende il via l’Esame di Stato della scuola secondaria di secondo grado. Nel volgere di qualche giorno, gruppi di cinque, quasi mezzo milione di studenti, sparsi per 12.900 commissioni, dovranno cimentarsi in una insolita prova orale.
Il colloquio dello studente con i sei commissari (e il presidente a “girare” e supervisionare) durerà circa un’ora e a seconda dell’esito servirà ad assegnare fino a 40 punti, da aggiungere a quelli derivanti dai crediti dell’ultimo triennio e dalla media di presentazione (al massimo 60 punti complessivi).
Durante l’orale, il candidato (se vorrà anche senza indossare la mascherina) parlerà dei contenuti affrontati nell’ultimi anno, discutere un testo di lingua e letteratura italiana, presentare l’elaborato consegnato entro il 13 giugno ed incentrato sulle discipline di settore, del documento che riassume le loro esperienze di Pcto dell’ultimo triennio, con qualche riferimento a Cittadinanza e Costituzione.
I candidati dovranno arrivare scaglionati e sino al momento dell’inizio dell’orale non potranno togliere la mascherina. Dovranno anche rispettare il distanziamento minimo di un paio di metri.
Dovranno anche prevedere l’igienizzazione delle mani attraverso gel messo a disposizione in più punti della scuola; percorrere percorsi differenziati per ingresso e uscita; firmare un’autodichiarazione (anche docenti e Ata) che attesti l’assenza di sintomatologia respiratoria o di febbre superiore a 37.5°C nel giorno di avvio delle procedure d’esame e nei tre giorni precedenti, di non essere stati in quarantena o isolamento domiciliare negli ultimi 14 giorni, di non essere stati a contatto con persone positive, per quanto di loro conoscenza, negli ultimi 14 giorni.
Le scuole, dal canto loro, dovranno garantire un ricambio d’aria costante dei locali, la pulizia approfondita dopo ogni sessione.
L’Esame di Stato potrebbe essere un piccolo banco di prova in vista del rientro a settembre. Un appuntamento, quello per oltre otto milioni di alunni, che continua ad essere avvolto nell’incertezza.
Dopo aver passato alcune settimane ad attendere i pareri degli esperti, in particolare del Comitato tecnico scientifico e della task force guidata dal professor Patrizio Bianchi, a Viale Trastevere è giunto il momento delle decisioni.
Nella serata del 16 giugno, la ministra dell’Istruzione ha annunciato che a breve saranno rese pubbliche le Linee Guida da adottare per il rientro: si tratta di una serie di indicazioni che ogni scuola plasmerà per decidere i tempi e le modalità della ripartenza delle lezioni.
Del resto, lo stato degli edifici, l’ampiezza dei locali, il numero di iscritti e molte altre variabili “fisiologiche” di ogni istituto, sono delle variabili davvero poliedriche: tra gli oltre 40 mila plessi scolastici dislocati in tutta Italia vi sono realtà fortemente diversificate.
Vi sono scuole con “scoppiano” di alunni ma hanno spazi aggiuntivi dove potrebbero collocare quelli in esubero, altri istituti che invece non sanno proprio come fare; altre scuole ancora, invece, hanno aule in abbondanza rispetto alla loro “popolazione”; poi vi sono realtà, in prevalenza nei capoluoghi di provincia, dove non vi sono spazi alternativi e non è facile reperirli nemmeno nel territorio circostante.
Come è presumibilmente diversa la risposta che potrebbe dare un’amministrazione del Nord Est rispetto a quelle di una regione con poche risorse da mettere a disposizione della comunità.
Ecco perché non sarebbe possibile introdurre un progetto unico, un “canovaccio” valido per tutti: semplicemente perché per molte realtà scolastiche sarebbe inattuabile.
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