E’ boom di dimissioni volontarie da parte dei giovani neo assunti, un fenomeno che sta mettendo in seria difficoltà le imprese del Nord.
La ripresa dell’economia del post covid sta aumentando le possibilità di trovare migliori occasioni di lavoro e questo sta fornendo un motivo in più per lasciare il posto di lavoro in alcuni casi appena trovato.
Perché i giovani sono motivati a cambiare lavoro
Cosa cercano di diverso i giovani lavoratori? Quali sono i motivi di questi cambi?
Da quanto riporta il Corriere, i giovani lavoratori cercano non solo migliori offerte economiche (il 47%) ma anche soluzioni che possano migliorare l’equilibro tra vita privata e lavoro (circa il 41%).
Altri importanti motivi della ricerca di nuovi lavori sono la ripresa del mercato del lavoro (48%) che offre rispetto al periodo del covid 19 tante nuove opportunità e la ricerca di maggiori opportunità di carriera (38%). Ci sono, inoltre, altri aspetti più profondi ed etici al centro delle scelte di cambiamento. Da segnalare su tutte che il 25% ha indicato la ricerca di un nuovo senso di vita e che il 20% ha imputato ad un clima di lavoro negativo interno all’azienda la ragione delle dimissioni.
Per i direttori del personale ed esperti di risorse umane il fenomeno dimostra quanto stia cambiando dal punto di vista culturale la percezione che le persone hanno del senso del lavoro, la ritrovata importanza verso la vita privata e la famiglia e questo è un senso di appartenenza ritrovato grazie al lungo lockdown.
Le Aziende come stanno affrontando questo nuovo fenomeno?
Secondo i dati che emergono da una ricerca condotta da AIDP (Associazione per la Direzione del Personale) su un campione di circa 600 aziende, i settori che maggiormente rimangono scoperti a causa di queste dimissioni e spostamenti di lavoro sono quelli relativi all’ Informatica e Digitale (32%), settore che ha avuto una forte espansione proprio durante la pandemia e che sta ovviamente sfruttando la scia delle nuove abitudini degli italiani.
Troviamo poi il settore della Produzione (28%) e Marketing e Commerciale (27%).
Il 60% delle aziende si trova così costretta a dover far fronte al fenomeno delle dimissioni volontarie e nella maggior parte dei casi (il 75%) sono state colte di sorpresa rispetto ad una tendenza inattesa. Le fasce d’età maggiormente coinvolte riguardano la fascia di età tra i 26 e i 35enni che rappresentano il 70% del campione, seguita dalla fascia 36-45 anni.
Le aziende non sono preparate, dunque, a questo nuovo esodo di personale, l’88% spiega di non avere attivo un piano vero e cercano di sostituire i fuoriusciti con altri dipendenti con contratti a tempo sia indeterminato che determinato (nel 55% dei casi). In altri casi le aziende ne stanno approfittando per riorganizzare i propri processi produttivi e ottimizzare in questo modo l’effort prodotto dai dipendenti rimasti. Una parte significativa di aziende, invece, ha adottato una patica attendista per valutare con maggior tempo gli impatti che avrà il fenomeno (15% dei casi).
Le aziende sono state colte di sorpresa ma il fenomeno non solo non può essere sottovalutato ma deve essere interpretato correttamente come cambiamento culturale che porta a riconsiderare in maniera diversa le relazioni interpersonali, il rispetto dei valori individuali, le proprie motivazioni e l’equilibrio con la vita privata.
Il ruolo della scuola
Così come le Istituzioni scolastiche hanno l’obbligo morale ma anche la responsabilità di non sottovalutare nessun nuovo fenomeno che la società mette in risalto perché è importante adeguare gli strumenti e le metodologie didattiche e rendere la scuola sempre moderna e adeguata al contesto.
Il Ministro Bianchi, come abbiamo avuto modo di sottolineare è consapevole di questa esigenza, per quello ha parlato non tanto della necessità di avviare una nuova riforma ma di “un ripensamento della scuola che deve permettere ai nostri ragazzi di vivere senza paura l’incertezza”.
La trasformazione nei prossimi anni sarà talmente rapida che non si riesce a codificare ad oggi quello che sarà e quello che diventeremo. E allora bisogna “creare persone solide”, quindi occorre tornare pesantemente sulla necessità di “avere cultura”, fornire agli studenti di oggi la “base” solida per essere pronti e gestire al meglio i cambiamenti.