Connessi con il mondo, ma soli: è questo il risultato che emerge dall’ultima analisi condotta da Società Italiana di Pediatria, Polizia di Stato e Skuola.net.
Con l’alternanza delle misure restrittive, l’impossibilità per alcuni di non frequentare la scuola in presenza, non poter fare attività fisica o frequentare laboratori, la tecnologia rimanere l’unico mezzo per mantenere le relazioni umane. Com’è ovvio, questo non è sufficiente.
I risultati del sondaggio, condotto a marzo 2021 e che ha visto la partecipazione di 10 mila studenti – di cui 6.500 ragazzi tra 15 e 18 anni e 3.500 tra 9 e 14 anni – costituito per il 65% da ragazze e per il 35% da ragazzi, ha messo a nudo il rapporto dei giovani con le nuove tecnologie in tempo di pandemia.
Il 25% degli intervistati dichiara di sentirsi più isolato e avverte la mancanza di una relazione in presenza, il 24% si sente più stressato, il 18% più triste, il 14% dichiara di aver paura per i propri familiari e per il proprio futuro, appena il 6% afferma che i rapporti interpersonali sono migliorati grazie alla tecnologia. Soltanto il 13% dichiara di non aver sperimentato nessuna delle emozioni appena elencate. E mentre i più grandicelli (15-18 anni) si sentono maggiormente stressati (27% contro 18%) e preoccupati (15% contro 11%), i più piccoli (9-14 anni) si sentono un po’ più isolati (28% contro 24%).
A fronte di questi dati, la Società Italiana di Pediatria sottolinea i possibili risvolti negativi di stili di vita sbagliati sulla salute fisica e mentale di bambini e adolescenti e auspica il recupero al più presto di abitudini più salutari. “Recenti ricerche confermano che l’uso dello smartphone nelle ore serali interferisce non solo con l’addormentamento, ma anche con la qualità del sonno”, ha dichiarato Elena Bozzola Segretario Nazionale SIP.
Ben il 54% del campione dichiara di usare i media device per più di tre ore al giorno, oltre al tempo trascorso in DAD (il 50% nella fascia 9-14 anni, il 57% in quella 15-18 anni). Nel 2019, questa percentuale era pari al 41% ma, a ben vedere l’aumento ha riguardato soprattutto i giovanissimi, ossia i 9-14enni. Passa, infatti, dal 32 al 50% – dunque da una proporzione di 1 su 3 a un rapporto di 1 su 2 – la quota di bambini e preadolescenti che trascorre sui device più di tre ore al giorno oltre alle attività scolastiche.
Se a queste ore si sommano quelle impegnate in Dad, circa 5 al giorno, è facile “tirare le somme”: 1 intervistato su 2 passa almeno 8 ore al giorno davanti a un dispositivo. Al di fuori della didattica, i dispositivi vengono usati prevalentemente per comunicare con gli amici (36%), usare i social (24%), guardare video o film (21%), giocare ai videogame (11%), solo marginalmente per fare ricerche (8%).
“L’avvento della pandemia – afferma Nunzia Ciardi, Direttore del Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni – ha di fatto bruciato le tappe di una progressione della diffusione dell’uso delle nuove tecnologie in fasce di età sempre più precoci: per riempire i lunghissimi pomeriggi chiusi in casa, per compensare la mancanza di contatti con coetanei e familiari, moltissimi bambini hanno acquisito, in pochi mesi, una dimestichezza maggiore all’uso di tablet e smartphone, in un’età in cui si è particolarmente vulnerabili ai rischi della Rete”.
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