Il Corriere della Sera pubblica un estratto del rapporto McKinsey, condotto su otto Paesi Ue e presentato a Bruxelles presso il centro di ricerca Bruegel («Il viaggio tempestoso dell’Europa, dall’educazione all’occupazione»), dove si evince che uno dei punti importanti della disoccupazione italiana sarebbe, oltre alla crisi, la scarsità di dialogo fra scuola e imprenditoria, università e mondo del lavoro
E infatti, scrive il giornale, lo stesso lamento echeggia fra il 45% degli imprenditori greci, il 33% degli spagnoli, il 26% dei tedeschi, ma in Italia molto di più anche perché domanda e offerta non si incontrano, e nessuno spread riesce a farle metterle in contatto, a far scattare il semaforo.
Il dossier spiega anche che “la Ue ha il più alto tasso di disoccupazione ovunque nel mondo, a parte il Medio Oriente e il Nord Africa”.
“In Italia, Grecia, Portogallo e Regno Unito sempre più studenti stanno scegliendo corsi di studio collegati alla manifattura, alla lavorazione, nonostante il brusco calo nella domanda in questi settori. Ci sono abbinamenti sbagliati, educatori e imprenditori non stanno comunicando fra loro”. Come accade in Italia: “Datori e fornitori di lavoro o di istruzione hanno percezioni molto differenti. Il 72% degli educatori in Italia pensano che i ragazzi abbiano le attitudini di cui avranno bisogno alla fine della scuola; ma solo il 42% degli imprenditori concorda con questo. La percezione di questo divario riflette una mancanza basilare di comunicazione.
Solo il 41% dei datori di lavoro dice di comunicare regolarmente con i dirigenti delle scuole, e solo il 21% considera questa comunicazione effettiva”.
Che fare allora? Incoraggiare gli educatori a insegnare quello che gli imprenditori richiedono, ma in Italia il desiderio o bisogno imprenditoriale di una buona conoscenza dell’inglese fra i propri dipendenti è soddisfatto solo dal 23% degli aspiranti, e quello di una competenza informatica appena dal 18%.
Mentre la richiesta di creatività, che in Germania trova solo un 13% di risposte fra i giovani, in Italia arriva al 19%, mentre i sogni degli imprenditori sono la “conoscenza pratica” dei giovani che però in mancanza di assunzione non possono farla. Un cane che si morde la coda benchè il lavoro più ambito dai nostri giovani sia il creatore di siti Web (61% contro il 58% dei giovani tedeschi).
Scarso il valore strategico degli stage. “Infatti, mentre il 61% in media dei giovani europei trova un posto di lavoro al termine di uno stage, in Italia sono meno del 46%.
E ancora: Portogallo, Italia e Grecia hanno la più alta percentuale di giovani che riferiscono di non aver potuto frequentare l’università per ragioni economiche. Condizione questa che conferma pure il fatto che proprio in questi tre Paesi c’è la più bassa proporzione di giovani (sotto il 40%) che ha completato l’istruzione post-secondaria”
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