Un altro mistero italiano, tra i tanti misteri: se l’Italia impiegasse i giovani tra i 20-24 anni non iscritti a scuola, non occupati e non in formazione professionale, i cosiddetti NEET potrebbe avere uno slancio del Pil pari al 7-9% in più: una miniera insomma non sfruttata.
In base all’ultima edizione dello studio Young Workers Index, elaborato dalla multinazionale della consulenza aziendale PwC, che dal 2006 analizza il livello di occupazione, scolarizzazione e formazione professionale dei giovani di 15-24 anni nei paesi OCSE, ed il collegato potenziale economico, in Italia, Turchia, Spagna e Grecia la spinta addizionale del Pil sarebbe addirittura del 7-9%. Secondo lo studio i tre paesi al vertice – Svizzera, Germania ad Austria – sono tali perché hanno saputo mantenere bassi livelli di disoccupazione giovanile dopo la recessione globale, un risultato dei sistemi educativi che promuovono formazione professionale ed apprendistato, ed hanno consentito di minimizzare la componente di giovani rimasta esclusa dal mercato del lavoro.
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I migliori progressi nel periodo 2006-2015 sono compiuti da Israele, Lussemburgo e Germania, mentre i paesi del Sud Europa come Italia, Spagna e Grecia cercano faticosamente di recuperare dopo l’avvio della crisi finanziaria
Le tre leve chiave per avere queste risultati sarebbero: innanzitutto, un sistema educativo duale come quello tedesco, che combina educazione scolastica e formazione professionale; poi un differente approccio da parte delle aziende rispetto all’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, con iniziative come brevi esperienze professionali, mentoring e consulenza mirata a supporto dell’engagement dei giovani e della loro preparazione; l’attenzione all’inclusione sociale attraverso forme di recruiting innovative è importante per mitigare le barriere che più ostacolano l’ingresso nel mondo del lavoro di giovani provenienti dai contesti socio-economici meno avvantaggiati
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