Il sistema di sorveglianza PASSI, acronimo di “Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia”, coordinato a livello centrale dall’Istituto Superiore di Sanità, ha rilevato per la prima volta alcuni dati che hanno evidenziato un rischio aumentato di sintomatologia depressiva nei giovani, durante le fasi di lockdown a causa della pandemia Covid-19, che in passato risultavano essere un gruppo a minor rischio.
Si tratta di uno dei primi studi in Italia che ha investigato l’andamento temporale dei sintomi depressivi durante la pandemia, e anche uno dei pochi studi nel mondo che abbia esaminato un arco temporale lungo. Sono state fatte oltre 55 mila interviste dal 2018 al 2020. L’incremento dei sintomi depressivi è avvenuto nel bimestre marzo-aprile 2020 (7,1% rispetto al 6,1% del 2018-19), seguito da un decremento (4,4%) nel bimestre maggio-giugno, dopo la fine del lockdown, e successivamente da un cospicuo incremento in luglio-agosto (8,2%). Infine è stato rilevato un ritorno graduale, entro la fine del 2020, ai livelli registrati nel biennio prima della pandemia: 7,5% nei mesi di settembre-ottobre e 5,9% a novembre-dicembre.
L’istituto Superiore di Sanità ci tiene ad affermare che i risultati sono in linea con quelli condotti sulla popolazione generale in altre nazioni, molto simili per esempio, a quelli della ricerca ‘Household Pulse Survey’ (https://www.cdc.gov/nchs/covid19/pulse/mental-health.htm), svolta negli Stati Uniti, che ha evidenziato una fluttuazione dei sintomi depressivi tra aprile e dicembre 2020, con due picchi in luglio e in novembre. E non si differenziano molto nemmeno rispetto allo studio condotto nel Regno Unito – UK Household Longitudinal Study.
Sono i più giovani ad attirare l’attenzione sullo stato di stress generato dalla pandemia: mentre in media la risposta della popolazione italiana ha segnalato una buona resilienza, la fascia di età 18 -34 ha messo in evidenza un severo peggioramento, rispetto agli anni precedenti. Secondo gli esperti che hanno condotto lo studio i giovani hanno mostrato preoccupazioni molto alte per il futuro, per questo lo studio di PASSI è un’occasione importante per riflettere sulla necessità, nel breve e lungo periodo, di promuovere azioni e interventi specifici e innovativi rispetto a nuovi bisogni di salute mentale emergenti, con politiche che coinvolgano anche le scuole. La preoccupazione per le conseguenze della pandemia sulla salute mentale, soprattutto dei più giovani, è da tempo al centro dell’attenzione anche di altri organismi internazionali, come la World Health Assembly, nel maggio 2021, aveva sottolineato la necessità di potenziare i servizi di salute mentale, e come l’OCSE, che ha raccomandato l’adozione di un approccio integrato, basato su programmi di tutela della salute mentale non solo nel settore sanitario.
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