La laurea assicura occupazioni più soddisfacenti e con stipendi quasi del 50% maggiori: è uno dei dati contenuti nel nuovo bollettino semestrale dell’Osservatorio JobPricing (JP Salary Outlook) sui Paesi Ocse, nel quale è contenuta un’analisi dello stato delle retribuzioni rilasciate in Italia. Dal report risulta che in Italia gli stipendi sono mediamente piuttosto bassi: siamo al 21° posto su 34 paesi Ocse per salari medi annui lordi, con una media di 44.893 euro a lavoratore. Per renderci conto della pochezza dei compensi in Italia è utile il confronto con altri Paesi: Nella classifica dell’Osservatorio al primo posto c’è l’Irlanda con un salario medio di 79.473 euro, seguito dal Lussemburgo e Stati Uniti, rispettivamente con 78.310 e 77.463 euro. Appena 16.600 euro sono i compensi annuali di Grecia e Messico.
Se si guarda, poi, all’andamento dei compensi reali c’è ancora più da dispiacersi: se si considera l’inflazione, tra il 1991 e il 2023 in Italia la vera crescita delle buste paga si è fermata all’1% contro un 32,5% dei Paesi dell’area Ocse.
Se si considerano i 17 Paesi dell’Eurozona, l’Italia si colloca al 10° posto, mentre Lussemburgo e Germania risultano i lavoratori più remunerati.
C’è poi da considerare, anche se questa non è una novità, che un lavoratore del Centro-Sud guadagna in media 3.700 euro l’anno in meno rispetto al dipendente del Centro-Nord.
Nessuna novità sui dipendenti uomini: guadagnano in media il 7,3% in più rispetto alle donne. Le differenze maggiori si riscontrano tra gli impiegati (9,9%), mentre il gap più contenuto si osserva tra i quadri e i dirigenti (5,5%).
Dal report, dicevamo, emerge anche l’importanza dell’Istruzione del lavoratore nella determinazione dei salari: ebbene, in media un laureato guadagna il 45,5% in più rispetto a chi non ha mai intrapreso o portato a termine la carriera accademica. Questo significa che se la media è di quasi 45.000 euro lordi annuali, per un laureato il compenso medio sale a oltre 65.000 euro lordi.
L’impatto significativo del livello di istruzione sul potenziale retributivo, tuttavia, non vale per chi lavora nella scuola: è tutto dire che un recente studio, l’Ocse Talis, diffuso da Invalsi, risulta che gli insegnanti guadagnano in media circa 29.000 euro (neanche la metà di chi si è laureato e lavora in altri contesti lavorativi): inoltre, per insegnanti gli scatti automatici di carriera non portano grandissimi vantaggi, perché mediamente comportano incrementi del 33% (grazie agli scatti automatici che subentrano circa ogni cinque anni), con il salto maggiore tra i 55 e i 64 anni.
Alla fine della carriera, dopo 35 anni di servizio, sempre in Italia si può al massimo incrementare del 50% il compenso ricevuto nei primi anni.
Un’analisi dell’ultimo report Ocse è arrivata da Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief: “Con l’ultimo contratto, il Ccnl 2019-21 – ha detto – siamo riusciti a recuperare oltre il 4% e con il prossimo, il Ccnl 2022-24, l’incremento sarà leggermente maggiore, ma è chiaro che si tratta di misure ordinarie che non possono bastare”, perché lo stipendio di chi lavora nella scuola è di “oltre 15.000 euro sotto la media nazionale: se si opera un aumento uniforme, è una questione matematica, il gap non potrà che aumentare. E nemmeno si sopperisce il problema assegnando un’indennità di vacanza contrattuale piena, tanto da costringere il nostro sindacato a ricorrere in tribunale per recuperarla”.
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