Ha suscitato un ampio dibattito l’emendamento presentato dal senatore Andrea Rampi (Pd) al decreto legge n. 44/2021 sul contenimento del Covid, giustizia e concorsi pubblici, che equipara la laurea magistrale in scienza delle religioni (che si studia nelle Facoltà di Lettere, Storia e Filosofia) alla laurea magistrale in scienze storiche, scienze filosofiche e in antropologia culturale ed etnologia: una condizione che, se approvata in via definitiva, potrà permettere ai laureati in Scienze delle religioni di potere insegnare Italiano, Storia e Geografia nella scuola media, Storia e Filosofia nei licei e anche Italiano e Storia negli istituti tecnici.
All’indignazione delle senatrici Bianca Laura Granato e Luisa Angrisani di L’Alternativa C’è, con tanto di accuse verso coloro che si avvarrebbero di questa possibilità, definiti senza mezzi termini dei “raccomandati della curia”, hanno fatto seguito le reazioni di diversi docenti di religione. E anche di alcune organizzazioni sindacali.
Come la Uil Scuola Irc, che parla di “accuse pretestuose” e “parole inaccettabili in bocca a una rappresentante politica”.
Il sindacato Confederale si sofferma sul fatto che “l’emendamento propone, ai fini della partecipazione ai concorsi della PA, l’equiparazione della LM-64 con la LM-84 in Storia, la LM-78 in Filosofia, la LM-01 in Antropologia culturale”.
E, continua, “si può tranquillamente verificare, consultando la tabella presente sul sito del Ministero dell’Istruzione, che il percorso di laurea magistrale universitario LM-64, in scienze delle religioni, dà accesso, già da diversi anni, a classi di concorso come la A018 e la A019, per le quali il candidato, come specificato sempre nella tabella, deve avere comunque compreso una serie di crediti o esami specifici all’interno del piano di studi”.
Ma, soprattutto, continua la Uil Scuola Irc, “il laureato in LM64 è un esperto/studioso in storia delle religioni e antropologia delle religioni: si tratta di un percorso storico, inserito in alcune facoltà di lettere-storia e filosofia di università statali italiane”.
Quindi, sottolinea il sindacato, “questo percorso non ha nulla a che vedere con il titolo conseguibile presso gli ISSR, laurea in scienze religiose, che è un titolo pontificio e che dà accesso, insieme al possesso dell’idoneità diocesana, all’insegnamento di religione cattolica, disciplina per cui non esiste classe di concorso”.
Detto ciò, quindi, per l’organizzazione sindacale “l’emendamento approvato non ha nulla a che vedere con l’Insegnamento della religione cattolica. E nemmeno con la laurea magistrale in scienze religiose conseguita presso gli Issr. L’emendamento approvato riguarda esclusivamente coloro che sono in possesso della LM64 laurea magistrale in scienze delle religioni che si consegue presso le università statali. Il riconoscimento civile della laurea magistrale Pontificia in scienze religiose, inoltre, non equipara il titolo alla LM64 che si consegue alle università statali”.
E ancora: “Non è possibile ottenere ad oggi una equipollenza piena del titolo in scienze religiose, è possibile ottenere il riconoscimento civile del titolo Pontificio che è cosa diversa dalla equipollenza, anche se spesso le due procedure vengono confuse tra loro. Con la laurea magistrale in scienze religiose conseguita presso un’università pontificia e con riconoscimento statale è possibile, però, rivolgersi ad una facoltà statale dove per ottenere questa o altre lauree si potrà chiedere la convalida di alcuni esami e completare il percorso”.
E nemmeno esiste, sempre secondo la Uil Scuola Irc, “una procedura univoca perché questa convalida è a discrezione di ogni singolo Ateneo che segue regole proprie interne. Spesso il percorso viene riconosciuto per intero (magari con qualche debito formativo) e con esso si può accedere direttamente al biennio specialistico di laurea magistrale . Detto ciò, l’emendamento in questione ha quindi semplicemente equiparato il corso di laurea LM64, agli altri LM84, LM78 e LM01 nell’accesso ai concorsi della pubblica amministrazione”.
In conclusione, per la Uil Scuola Ird “dire che i laureati in tale percorso universitario siano legati a filo doppio con la Chiesa e possano svolgere la mansione di insegnanti di religione, significa non aver compreso neppure l’argomento di cui tratta l’emendamento e sembra una forzatura grossolana utilizzata per screditare, ancora una volta, una categoria precisa di lavoratori”.
Secondo la senatrice Granato è stata creata “… un’equipollenza per usare la scuola come ufficio di collocamento dei raccomandati della curia. Questo è l’ennesimo intervento a gamba tesa del Partito Democratico” (..…) “Questo fa capire che i tentacoli della CEI arrivano praticamente ovunque”.
Anche per lo Snadir, il primo sindacato dei docenti di religione, l’uscita delle senatrici di “L’Alternativa C’è” è stata inopportuna.
“Ci risulta difficile – scrive lo Snadir – comprendere l’intervento della senatrice Granato di “L’Alternativa C’è”. Cosa c’entra la Cei con un titolo culturale (Laurea in Scienze delle religioni – LM 64) che si consegue nelle Università statali italiane e non in quelle pontificie?”.
“Forse – continuano – la senatrice Granato confonde i titoli ecclesiastici, che danno accesso all’insegnamento della religione nella scuola statale italiana, con i titoli rilasciati dalle Università italiane. L’emendamento 10.27 a firma del sen. Rampi del PD riguarda esclusivamente questi ultimi”.
Secondo il sindacato guidato da Orazio Ruscica, “l’intervento della senatrice Granato è servito solo ad evidenziare – ancora una volta – la sua inutile ostilità nei confronti del mondo cattolico. Il suo impegno, negli ultimi mesi, si è concentrato nel passaggio da un gruppo politico all’altro”: lo Snadir rileva anche che dal sito internet “Io rendiconto – M5S risulta che sin da novembre 2020 non era in regola con le restituzioni economiche”.
L’organizzazione sindacale sostiene, sempre riferendosi alla senatrice Angrisano, che “evidentemente non è riuscita a trovare tempo per affrontare in maniera costruttiva le problematiche della scuola e quelle dei precari in particolare”.
“Ci auguriamo – conclude lo Snadir – che presto la laurea magistrale in scienze religiose, che permette di insegnare religione nelle scuole, possa essere riconosciuta pienamente equipollente ad una laurea come quella in ‘scienze delle religioni’ (LM 64), così da ottenere la totale parità di riconoscimento con i titoli statali”.
Riportiamo il testo dell’emendamento presentato dal senatore Andrea Rampi, del Partito Democratico:
Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
«1-bis. A decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, ai fini della partecipazione alle procedure concorsuali, per il reclutamento di personale delle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2 del decreto legislativo 30 maggio 2001, n. 165, il possesso del titolo di laurea magistrale in scienze delle religioni (LM64), secondo la classificazione indicata dal decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 22 ottobre 2004, n. 270, spiega i medesimi effetti del titolo di laurea magistrale in scienze storiche (LM84), scienze filosofiche (LM78) e in antropologia culturale ed etnologia (LM01)».
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