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I lavoratori delle paritarie non sono di serie B

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Con un comunicato in netta controtendenza la CislScuola prende posizione sugli esiti del referendum di Bologna.
Ironia (e persino sarcasmo) abbondano in ogni passaggio del documento.
Preliminarmente il sindacato di Francesco Scrima, dopo aver sottolineato che il referendum aveva natura puramente consultiva, osserva: “È singolare, peraltro, che mentre si è titubanti nel definire un successo quello dei candidati sindaco più votati, perchè sminuito dalla bassa percentuale di votanti (media nazionale 62,3%), non si abbiano dubbi a decretare il trionfo e il valore cogente di una tesi che ha raccolto il 59% in una votazione cui ha preso parte solo il 28% degli aventi diritto. Siamo evidentemente nel campo delle valutazioni a geometria variabile, dove la convenienza vince di gran lunga sulla coerenza”.
Il riferimento, neppure troppo occulto, è ovviamente al Comitato Articolo 33 e quasi certamente anche ai “cugini” della Flc-Cgil ai quali viene invece rivolta una accusa assai più pesante, di natura squisitamente sindacale.
“Come sindacalisti – scrive Cisl-Scuola –
non possiamo fare a meno di porre la nostra attenzione su un aspetto che altri sindacalisti, invece, incredibilmente ignorano, o fingono di non vedere: i posti di lavoro che sarebbero messi seriamente a rischio qualora le scelte del comune di Bologna si attenessero pedissequamente all’esito del referendum”.
E poi, l’affondo:
“Un sindacato che agisca veramente in difesa del lavoro e dei lavoratori non può ignorare problemi di questa natura, così come dovrebbe interrogarsi sui risultati cui può condurre un radicalismo statalista destinato, qualora si affermasse come criterio diffuso, a mandare in crisi le esperienze migliori della scuola paritaria non statale, lasciando alla fine in vita, indisturbati, solo i più squallidi diplomifici”.
Il sindacato di Scrima conclude con un richiamo alla legge 62 e al
“sistema pubblico integrato fra scuola statale e scuola non statale sia stato introdotto, nel 2000, con una legge voluta da un governo e da una maggioranza di centrosinistra”.
Legge di cui –
lo abbiamo già scritto in altre occasioni – la stessa Cgil non aveva ritenuto di mettere in discussione la legittimità costituzionale