Categorie: Didattica

I lavoretti scolastici sono inutili

Erika Christakis, educatrice e docente alla Yale University, boccia completamente l’apprendimento meccanico con i test e le lezioni di scrittura, che troppo spesso sottovalutano l’intelligenza di un bambino mentre sovraccaricano il cervello, soprattutto in età prescolare, sostenendo pure che molti dei primi educatori, compresi i genitori, hanno perso di vista i fattori più importanti di ogni ambiente di apprendimento: i bambini e le nostre relazioni con loro.

«Un genitore che abbia mai trascorso una giornata non pianificata con un bambino curioso – a guardare i treni della metropolitana che vanno e vengono, oppure a costruire castelli di sabbia sulla spiaggia – sicuramente ha sperimentato l’intuitiva curiosità che in alcuni è molto più potente dell’apprendimento della scuola materna».

 

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Le obiezioni della Christakis sono riferite anche alla questione dei lavoretti fatti a mano, queste attività, sostiene, mettono troppa enfasi sul prodotto finito, qualcosa che i genitori appenderanno al frigorifero, ma non pongono nessun accento sul processo creativo. «Tutto questo riflette una visione limitata della creatività dei bambini, derivata da un’imposizione dell’adulto»  cosicchè la creazione risultante diventa un modo pratico per i genitori di ottenere rapidamente un senso di ciò che il loro bambino ha fatto a scuola tutto il giorno, ed è un modo altrettanto pratico per gli insegnanti di dimostrare ciò che hanno spiegato a scuola.

Quindi, pubblica ischool.startupitalia.eu, forse, il vero problema sta nel fatto che, nonostante quello che dice il mantra popolare, il prodotto finito è ancora l’obiettivo finale per cui secondo Christakis, il primo passo per fare un cambiamento significativo «è che i genitori la smettano di chiedere ai figli ciò che hanno fatto a scuola».

«La prova che i bambini stanno perdendo terreno è sorprendente: il forte aumento delle espulsioni in età prescolare, le diagnosi di salute mentale, come l’ADHD (deficit d’attenzione), l’invenzione di nuovi disturbi cognitivi. Un’epidemia di profonda ansia, accoppiata con una crisi della qualità e della disponibilità nella cura dei bambini, unita all’intrusione della tecnologia che mina le interazioni personali: tutto questo va a discapito dei piccoli, che sono i più vulnerabili membri della società americana». 

Pasquale Almirante

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