I licei romani aprono ai graffiti nelle aule

Un tempo, racconta il Messaggero, le scritte sui muri delle scuole venivano fatte di nascosto, durante le notti passate con un occhio alla bomboletta e l’altro controllare che non passasse una volante della municipale. 
E poi duravano poco, subito rimosse dalle pennellate restauratrici di bidelli e muratori. Oggi invece le opere di «graffiti art» entrano nei licei dal portone principale e affrescano cortili, corridoi, aule autogestite. Studenti ed insegnanti sembrano avere trovato il giusto compromesso per tenere insieme creatività artistica e legalità.
In molti istituti inoltre i disegni dei ragazzi raccontano qualcosa della scuola dove sono stati realizzati e non sono scritte casuali.
“Negli ultimi anni c’è stata una vera e propria rivoluzione culturale nei confronti dei graffiti”, spiega il writer Paolo Colasanti, 28 anni, conosciuto nell’ambiente come Gojo, che oggi è arrivato a disegnare le quinte per il teatro Argentina e ha collaborato alle scenografie per un film di Paolo Virzì, ma che come tutti è partito dalla strada. “Ho iniziato a fare i primi disegni quando avevo dodici anni”, racconta. Al Villaggio globale, al Don Bosco, al Cinodromo occupato.
Secondo Gojo “oggi le scuole sembrano finalmente aver capito che l’arte non deve rimanere ad ammuffire in galleria, perché ha bisogno di stare negli spazi che le nuove generazioni vivono ogni giorno”.
“È giusto che i ragazzi si approprino degli spazi della scuola mettendo a frutto la loro creatività”, sottolinea una preside che è stata tra le prime a dare il via libera ai graffiti nel cortile del liceo. “I lavori sono sempre stati realizzati su pannelli rimovibili e non sul muro. In questo modo possono essere ricollocati e cambiati nel corso del tempo dai nuovi studenti. Anche al personale fa piacere vedere la scuola un po’ più colorata”.
“Vogliamo creare un punto d’incontro tra scuola e società”, racconta un alunno: ”Durante l’autogestione artisti di strada e studenti lavoreranno insieme per rendere il cortile della scuola un po’ più nostro e meno decadente di come è ora”.

Pasquale Almirante

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