Cesare Moreno, maestro elementare dal 1983 e soprattutto presidente dell’Associazione Maestri di Strada ONLUS, scrive al ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi: “La misura più seria sarebbe stabilire che segue a distanza solo chi ne fa esplicita richiesta, solo chi per mille motivi si sente particolarmente esposto se viene a scuola, a tutti gli altri occorre fornire rassicurazioni concrete e curare la comunicazione in un modo efficace e responsabile”.
Così il maestro di strada che dal 1994 al 1996, in qualità di consulente del Ministero della Pubblica Istruzione, ha varato a Napoli il Piano Provinciale di lotta alla dispersione Qualità della scuola e successo formativo. Una protesta che punta il dito contro i provvedimenti sulla scuola lasciati ai tecnici sanitari prima che agli esperti del settore.
Il ministro Bianchi, peraltro, proprio in questi giorni è intervenuto più volte a sostenere la necessità che la DaD non sia solo uno strumento alternativo alla scuola in presenza ma integrativo, come riferiamo in un altro articolo. Dunque il destino della didattica a distanza sarà quello di diventare una metodologia normalmente integrata alla didattica tradizionale. A prescindere da questa considerazione, c’è da aspettarsi che il ministro tenga in serio conto la lettera del maestro di strada, dato che la figura di questo pedagogista è largamente apprezzata dal Ministro, come Patrizio Bianchi scrive nel suo volume Nello specchio della scuola.
“Non possiamo andare avanti così. La scuola non può subire passivamente le ordinanze di qualsiasi autorità tecnica o politica decida di chiuderla. Non è solo un servizio essenziale, è molto di più, è la fonte del pensiero delle giovani generazioni. La scuola a distanza è una scuola che si è ritirata dai corpi e non può essere testimone di verità”.
“I nostri giovani e le loro famiglie non possono essere bombardati a tutte le ore del giorno e della notte da messaggi di terrore, da devastanti oscillazioni di tecnici e politici, senza avere un luogo in cui confrontarsi, esprimere dubbi e paure, trovare consolazione non nelle certezze scientifiche ma nella fragilità dell’altro, nel sentire la condivisione di ciò che sentono nel più profondo”.
“Abbiamo un gigantesco compito di realtà a cui l’istituzione scuola si è sottratta e continua a sottrarsi dietro il paravento di ordinanze tecnico-scientifico-politiche. Abbiamo il compito di realtà di fornire consolazione e sostegno a milioni di giovani che stanno vivendo nell’incertezza e nella paura quando noi stessi viviamo quella incertezza e quella paura, quando le loro famiglie stanno vivendo incertezza e paura, quando le maggiori autorità mondiali danno palesi segni di squilibrio”.
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