Al 78° Congresso della Società italiana di Pediatria, in corso a Torino, si stanno affrontando temi caldi e attuali, dalla disforia di genere alle vaccinazioni, dalle malattie rare ai disturbi neuropsichiatrici. Particolare rilevanza ha il tema è della condizione di fragilità e di marginalità dei minori stranieri, partendo dai dati, per cui in Italia è straniero circa 1 bambino su 10 da 0 a 18 anni, grazie anche al lavoro del – del Gruppo nazionale per il Bambino migrante della Società italiana di pediatria (GLNBM).
Il Rapporto annuale ISTAT annuale del dice che il totale dei coloro tra 0 e 18 anni con background straniero sono 1 milione e 300 mila e di questi circa un milione sono i minorenni nati in Italia da genitori. E se si considera la natalità (nel 2022 i nuovi nati sono stati 393 mila), i figli nati da genitori migranti rappresentano il 15% di tutti i nati. A questi si sommano i minori stranieri giunti nel nostro Paese per ricongiungimento familiare e i minori stranieri non accompagnati che provengono dai Paesi colpiti da guerre e persecuzioni. “È un mondo articolato e complessoquello dei minori migranti – affermano i pediatri della Sip – ciascuno di questi bambini ha caratteristiche proprie legate alla personale vicenda umana e sociale che rimandano a specifiche vulnerabilità per quanto riguarda la tutela dei propri diritti, primo tra tutti quello alla salute”.
Il primo passo per garantire a tutti i bambini stranieri il migliore livello di tutela sanitaria possibile è, secondo la SIP, quello di dare piena attuazione alla norma che garantisce l’iscrizione al SSN e il diritto al pediatra di famiglia a tutti i bambini, indipendentemente dal loro status giuridico o da quello dei genitori.Questo diritto è stato sancito nel 2012 da un accordo Stato-Regioni ma è rimasto fermo per un decennio, poiché mancano le indicazioni operative nazionali per quanto riguarda l’applicazione dei codici fiscali e dei codici di esenzioni e questo ha fatto sì che le singole Regioni abbiano deciso in merito in modo eterogeneo, creando diseguaglianze. Nel 2022 due circolari del ministero della Salute hanno regolamentato questi aspetti e ora tutte le Regioni e le Province autonome hanno tutti gli strumenti per rendere questo diritto omogeneo e diffuso.
Le barriere linguistiche e sociali influenzano il comportamento delle donne in gravidanza: la mortalità neonatale nei nati di madri straniere è pari a 2,5 ogni mille nati vivi, contro 1,6 ogni mille nati vivi da madri italiane, quella infantile è del 3,7 per mille contro il 2,3 (Istat). Andando avanti nell’età dei bambini, i pediatri confermano di avere osservato nei bambini stranieri in età scolare e negli adolescenti, un aumento del tasso di obesità e sovrappeso, passato dall’1% di dieci anni fa ad oltre il 10%, dati chesi stanno avvicinando a quelli preoccupanti dei bambini italiani. Questi bambini tendono infatti ad assumere le abitudini alimentari dei loro coetanei seguendo una dieta ricca di zuccheri e a grassi. Così, per esempio, il diabete mellito giovanile di tipo 1 ha una prevalenza di 10 volte maggiore rispetto ai coetanei italiani e un’insorgenza più precoce. Un aspetto particolare riguarda il deficit di vitamina D si osserva anche nei migranti nati in Italia per la tendenza delle madri a non esporli alla luce solare e a coprirli eccessivamente.
Inoltre, numerosi studi epidemiologici internazionali hanno dimostrato che i bambini di famiglie povere si ammalano di più e soffrono di patologie croniche, muoiono di più, sono meno frequentemente allattati al seno, vanno più spesso incontro a infezioni, disturbi di crescita, obesità, anemia, carenze nutrizionali, carie dentali, disturbi psicologici, comportamentali e anche psichiatrici.
La percentuale di minori stranieri in carico ai servizi per maltrattamento è tre volte maggiore rispetto a quella rilevata nella popolazione minorile, fanno notare i pediatri riuniti a Torino. Per molti di loro la migrazione è subita adeguandosi al progetto della famiglia e replicando i modelli culturali di appartenenza; in questi contesti possono nascere conflittualità che possono tracimare in violenza diretta e assistita soprattutto a danno delle donne. La condizione delle bambine è particolarmente a rischio, fanno notare i medici: essere bambine e ragazze appartenenti a famiglie migranti, prive di risorse e in condizioni di irregolarità e inserite in contesti di marginalità è un fattore di rischio per l’esposizione a violenza diretta o assistita. A ciò si aggiungono i matrimoni forzati e le mutilazioni genitali femminili: secondo dati del GNLBM circa duemila ragazze nate nel nostro Paese sono costrette a sposarsi ogni anno nello Stato di origine, in molti casi per matrimoni precoci e forzati; si calcola inoltre che su una popolazione totale di 76.040 ragazze di età compresa tra 0 e 18 anni provenienti da Paese a tradizione escissoria dal 15 al 24% siano a rischio di essere sottoposte a mutilazioni genitali femminili.
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