“Perché oggi è così difficile educare?”. È una delle tante domande che mi vengono rivolte a scuola.
Con la crisi delle famiglie, compreso il principio di autorità, la scuola sembra essere rimasta l’unico luogo e momento di spazio educativo. Anche se la sua prima finalità è formativa, calibrata sugli indirizzi, articolata su materie e metodi di studio.
Ma, oramai, è imprescindibile, si dà cioè per scontato il nesso tra istruzione ed educazione. E quando le famiglie pensano ad una scuola per i propri figli, l’occhio si posa prima di tutto sugli aspetti formativi a tutto tondo. Perché in gioco vi è l’educazione anzitutto umana dei propri ragazzi.
Ovviamente, la famiglia rimane punto fermo, e la scuola non può e non potrà mai sostituirsi alla famiglia. Ma, in molti casi, sono solo parole. Tanto da richiedere alla scuola un appoggio ed un ruolo imprescindibili.
Perché non ci sono più punti fermi, evidenze etiche, certezze sociali. Ma tutto viene fatto ballare sul primato dei diritti, come se la auto-realizzazione individualistica fosse l’unico valore, rispetto ai vincoli relazionali e sociali, rispetto dunque alla fortissima domanda di responsabilità da parte in primis dei difensori dei diritti fine a se stessi. Ma una responsabilità, così pensa il mondo di oggi, pretesa sempre dagli altri, più che da se stessi. Questo il vunus all’origine di quella fatica.
Ci vuole dunque tanta pazienza a scuola. Per quella “giusta misura” che ogni giorno cerchiamo di proporre e di condividere con i ragazzi, con i loro genitori, con le tante pressioni sociali.
Il condividere il rischio della libertà, il metodo di una libertà che si scopre responsabilità. Tanto da valorizzare talenti, passioni ed attitudini.
La scuola, dunque, come esercizio quotidiano di una libertà che si fa responsabilità, di diritti che si scoprono doveri.
In un tempo di grandi opportunità di comunicazione, nel quale tutti parlano e pochi comunicano, il “laboratorio scuola” obbliga e vincola a pensare, a riflettere, a ragionare, quindi ad aprirsi, ad andare oltre il proprio ombelico. Oltre se stessi, dunque, oltre il proprio tempo, oltre le stagioni della nostra vita.
Per questo, la scuola, pur considerata a livello politico dai vari governi una sorta di ruota di scorta sociale, è, in realtà, l’unica realtà in prima linea, l’unica àncora delle nostre famiglie. Perché sanno che è l’unica, oggi, a dare sapere e sapore al nostro vivere. Ma per quanto potrà continuare ad essere se non l’unica, la più importante?
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