Pare proprio che i giovani insegnanti soffrano di stress e di senso di inadeguatezza. Infatti ci sarebbe una fetta consistente di docenti italiani che si dice stressato della propria vita lavorativa: circa il 41%. Tra questi, sebbene tre docenti su cinque svolgano la professione da oltre 20 anni, i più colpiti sono giovani. Maestri e professori under 35 che sono passati attraverso anni di precariato, di discontinuità didattica per continuare, denuncia Linkiesta, con uno scontro generazionale tra gli stessi docenti.
A sostenerlo uno studio condotto dalla Cambridge University Press, intitolata Italian Teacher Survey – Essere un docente, che ha coinvolto oltre 1330 docenti italiani della scuola primaria e secondaria e che si svolge in tutto il mondo.
Attraverso dei questionari anonimi si chiede ai docenti italiani di raccontare le loro aspirazioni e le sfide che ogni giorno sono costretti ad affrontare seduti dietro la cattedra. Ebbene la quasi totalità degli intervistati, anche tra i più giovani, ha dichiarato di vedere nell’insegnamento una vocazione più che una professione. Non solo, il 94% tra maestri e professori italiani ama lavorare con gli studenti, mentre l’85% è persino orgoglioso di essere un docente.
Secondo la General Manager della Cambridge University, se, da una parte, i nostri insegnanti non hanno una formazione adeguata e specifica, orientata ad affrontare le dinamiche relazionali con gli alunni, con i genitori e quelle di gruppo, dall’altra, a influire di più sulla loro vita lavorativa è l’ambiente scolastico.
Infatti, una delle riflessione più importante che viene fatte è la seguente: nella scuola italiana la maggioranza dei docenti ha 20 anni d’insegnamento alle spalle e un’età media di 50 anni e non dialoga con i colleghi più giovani a cui servirebbe invece la loro esperienza
Mentre mancando il metodo e la formazione professionale, le generazioni più anziane potrebbero servire da guida e da modello. Per farlo c’è bisogno di garantire ai giovani prof prima di tutto la stabilità del posto di lavoro, perché «la precarietà contribuisce molto ad alimentare la loro condizione di stress, d’insoddisfazione e la mancanza di considerazione e autorevolezza».
In ogni caso tutto dipende dalla politica sulla scuola finora fatta: da decenni ormai a ogni inizio anno scolastico, gli insegnanti, dal Nord al Sud, scendono in piazza per chiedere maggiori investimenti nella scuola e risposte serie contro il precariato, che pesa di più sulle nuove generazioni di docenti.
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