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I new media non incidono sulla formazione? Colpa dei prof italiani

La scarsa conoscenza delle materie scientifiche degli studenti italiani non dipenderebbe dal basso grado di tecnologie messe a loro disposizione, ma dalle non adeguate modalità di insegnamento dei loro docenti. 
E’ questa la conclusione realizzata dall’Eurispes attraverso il Rapporto 2008, una cui sezione è stata interamente dedicata all’informatizzazione dei nostri istituti scolastici.
Dalle rilevazioni fatte dall’Istituto di studi politici economici e sociali il numero di computer è passato da uno ogni 14,2 studenti (del 2001) a uno ogni 10,9 studenti (2004). Un sensibile miglioramento che acquista ancora più valore se si considera che nel 2004 la media europea computer-alunni era di uno ogni 13. Insomma l’Italia, tra le peggiori d’Europa in quanto a preparazione scientifica dei propri studenti, si classificherebbe tra le prime sul fronte della messa a disposizione di terminali informatici.
Le maggiori possibilità di interagire con il pc durante le lezioni si riscontrerebbero nelle scuole secondarie, dove nel 2004 c’era a disposizione un terminale ogni 8,3 studenti; alle medie e alle elementari, invece, rispettivamente uno ogni 12,7 ogni 14,2.
Ma le scuole italiane non si sono limitate a fornirsi di computer perché in deciso rialzo risulta anche la disponibilità di connessione a internet attraverso la banda larga; la modalità più rapida per ‘navigare’ sul digitale è giunta a coprire l’86% dei nostri istituti: da 183.623 pc del 2001 si è passati a ben 534.454 del 2004. E l’informatizzazione sarebbe anche generalizzata: nel triennio 2001-2004 il Sud ha recuperato gran parte del gap rispetto al Settentrione, tanto che non si ravvisano più le differenze sensibili tipiche dei primi anni di diffusione del web.
Assodato che la presenza dei new media a scuola non è poi così scarsa, per l’Eurispes i problemi che i nostri studenti hanno sull’apprendimento non deriverebbero però nemmeno dalla modesta conoscenza di competenze informatiche dei loro insegnanti: dallo studio nazionale risulta, infatti, che i programmi di Office automation, internet e posta elettronica sono ormai abitualmente utilizzati da circa il 90% del corpo insegnante. Ed il 70% utilizzerebbe, seppure in via occasionale, anche le funzioni avanzate di strumenti di interazione a distanza: come la webcam e la lavagna sincrona.
Dal Rapporto risulta che tra i nostri prof non mancherebbe più quella conoscenza tecnologica che tanto li faceva sentire a disagio nei prima anni di esplosione prima del computer di massa e poi della cosiddetta ‘madre di tutte le reti’: anche questo passaggio sarebbe completato. Quel che manca oggi, sempre secondo l’Eurispes, è allora la messa in atto “di modelli didattici più flessibili”. I docenti italiani non sembrerebbero in grado di far ricadere adeguatamente le loro competenze sui bit sull’insegnamento delle discipline: la maggior parte di loro sarebbero fermi a modelli educativi tradizionali legati al metodo dell’insegnamento piuttosto che a quello dell’apprendimento.
“La diffusione dei computer e di Internet – sostiene l’Eurispes – introduce cambiamenti nei modi di apprendere e di operare delle nuove generazioni. Gli studenti che usano il computer acquisiscono nuove e potenti capacità di apprendimento. Di qui la crescita non solo del gap tra scuola e ragazzi (‘digital disconnect’), ma anche di quello relativo ai ragazzi che hanno accesso a risorse informatiche e quelli che non lo hanno. Il ruolo del docente oggi è quello di trasmettere le conoscenze facilitando l’apprendimento, nonché di adattare, progettare e realizzare ambienti flessibili, adeguati ai differenti stili di apprendimento. Occorre, quindi, – sottolinea sempre l’Istituto di studi politici economici e sociali – un lavoro di riqualificazione delle funzioni e dei compiti della formazione e del docente”.

I docenti italiani, tuttavia, non possono continuare ad essere permanentemente autodidatti: per la grande maggioranza, se si escludono le ultime generazioni che hanno frequentato le Ssis, la conoscenza degli strumenti tecnologici avanzati è infatti passata per un non sempre facile (anzi per diversi sarebbe il caso di dire traumatico) processo di auto-formazione. Ora, per passare alla fase 2 di informatizzazione (quella dell’applicazione didattica delle conoscenze acquisite), sarebbe opportuno un deciso intervento delle istituzioni scolastiche. Lo stesso Fioroni ha ammesso, pochi giorni fa durante la giornata di studi organizzata dal Cidi sul nuovo reclutamento, la necessità di far accedere i docenti a periodi di formazione: “non si esclude la possibilità di concedere anche l’anno sabbatico”, ha detto il Ministro. Anche a viale Trastevere hanno evidentemente chiaro il problema e il Rapporto Eurispes rappresenta solo l’ennesima conferma.

Alessandro Giuliani

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