Quando gli adulti stigmatizzano i giovani che fanno file chilometriche per comprarsi le scarpe alla Lidl, l’ultimo smartphone da Trony, un hamburger a tre euro con Coca-cola e patatine al McDonald, si dimenticano, o fanno finta di dimenticarsi, che, questi giovani, non sono stati trovati sotto il cavolo e neppure educati e cresciuti in una tana come i “Meles meles”, chiamati comunemente tassi.
Succede più o meno quel che accade quando, parlando di conflitti più meno recenti, ci dimentichiamo, o facciamo finta di dimenticarci, che questi non sono maturati in un mese come i pomodori.
Le responsabilità maggiori, è inutile girarci attorno per indorare o indorarci la pillola, sono di chi questi giovani li ha cresciuti e di una società basata sul consumismo sfrenato, sull’effimero e sull’eccesso, piuttosto che sulla sobrietà, la moderazione e la sostanza.
Una società voluta, votata e sbandierata come un Eldorado dagli adulti che invece di limitarsi a puntare il dito sui giovani, dovrebbero, in un sussulto di dignità, puntarlo contro se stessi guardandosi allo specchio.
Augusto Secchi