I nostri istituti troppo autoreferenziali, solo 1 su 4 avvia progetti con l’estero
La scuola italiana non brilla proprio per il dialogo con corsi d’istruzione stranieri o la realizzazione di progetti di portata internazionale: tre istituti su quattro non svolgono attività di scambi di studenti con istituti all’estero e al Sud la situazione è particolarmente in ritardo. Sono decisamente modesti i risultati prodotti attraverso un accurato studio dell’istituto Ipsos nell’ambito dell’avvio dell’‘Osservatorio sull’internazionalizzazione delle scuole e della ‘mobilità studentesca’ realizzato dalla fondazione Intercultura.
Attraverso 402 presidi, intervistati telefonicamente, si è scoperto che a non credere in questo tipo di progetti sono soprattutto i docenti (meno del 20% sarebbe particolarmente favorevole); mentre l’80% degli studenti ed il 72% dei dirigenti scolastici non avrebbe alcun dubbio sulla loro utilità formativa. Ma anche che la scarsità di programmai è anche dovuta ai pochi fondi messi a disposizione dallo Stato italiano. “Oggi le informazioni e gli strumenti a disposizioni delle scuole interessate a rafforzare il proprio percorso di internazionalizzazione – ha detto Roberto Ruffino, segretario generale dell’associazione Intercultura – sono estremamente frammentati; attraverso l’Osservatorio pensiamo di poter fornire un aiuto concreto alle scuole interessate e uno stimolo alle nostre istituzioni“. Guardando i risultati, presentati il 7 settembre presso la Camera dei Deputati, Palazzo Marini, risulta che le Regioni più aperte ai progetti scolastici internazionali sono collocate al Nord-Est. Ed in particolare si tratta di licei classici del Trentino Alto Adige. “Il Nord-Est rappresenta sicuramente l’area geografica più incline alla internazionalità – ha sottolineato il direttore Ipsos Nando Pagnoncelli – seguita dal Nord-Ovest e successivamente dal Centro Italia. Il sud d’Italia rivela invece un indice molto basso“. La sottolineatura non è sfuggita a Giorgio Rembado, presidente dell’Associazione nazionale presidi: “Le conclusioni dell’Ipsos sul tasso di internazionalizzazione dei nostri istituti si sovrappongono – ha detto Rembado – con i dati Ocse-Pisa sulla valutazione. Ciò fa supporre che le nostre migliori scuole sono quelle più aperte alle esperienze fuori dall’Italia: dove ci si misura con la diversità, con gli studi all’estero si cresce maggiormente“. Secondo il presidente della Anp “è la conferma che il processo formativo individualizzato è superato dall’educazione aperta al molteplice, certo – ha continuato Rembado – c’è molto da fare: occorre sicuramente una maggiore formazione iniziale dei docenti sulle lingue, invece ancora troppo ancorata alla disciplina di insegnamento. Ma anche incentivare l’autonomia decisionale dei dirigenti scolastici“.
A livello nazionale nell’ultimo anno scolastico sono stati circa 3.800 gli studenti italiani (44% ragazzi e 56% ragazze) che hanno svolto un periodo di formazione all’estero. Il dato sebbene sia in leggera crescita rispetto al 2007, quando ad aver svolto questa esperienza furono 3.500 ragazzi, il numero pare ancora limitato ad una nicchia di studenti. E non a caso il 75% delle scuole non ha avuto studenti che hanno partecipato a questo tipo di programmi nell’anno scolastico 2008-2009. “Per sintetizzare la propensione delle scuole verso questo tipo di esperienze – ha detto il professor Nando Pagnoncelli dell’Ipsos – abbiamo realizzato un indice medio rappresentato da una sorta di ‘termometro’ che individua lo stato di salute internazionale delle scuole italiane: ebbene, il 49% dei nostri istituti ha ottenuto un risultato inferiore a 35 punti (su una scala da 1 a 100)“. Proprio attraverso l’indice si è rilevato che nei grandi centri e nelle scuole più grandi aumentano le possibilità di recarsi al di fuori del nostro territorio o di ricevere classi provenienti dall’altra parte del oltre confine.
L’Osservatorio ha anche realizzato un portale,www.scuoleinternazionali.org, strumento utile agli istituti italiani che possono anche auto-misurare il loro grado di internazionalizzazione rispondendo ai 17 quesiti posti dall’Ipsos.
Particolarmente apprezzato è stato l’intervento del direttore generale Muir per gli Affari Internazionali, Antonio Giunta La Spada, secondo cui ”la politica europea, attualmente debole, deve ritrovare un suo ruolo per trasmettere ai singoli stati un messaggio forte rispetto allo scambio interculturale che non significa omologare ma cooperare”. Interessante è risultato anche l’intervento della professoressa Donatella Palomba, dell’Università di Roma Tor Vergata, che ha presentato i dati della ricerca Sicise (Società Italiana di Educazione Comparata) dal titolo ‘Internazionalizzazione della scuola, scambi e dialogo interculturale’: “La ricerca ha messo a fuoco ha detto Palomba – il ruolo e l’atteggiamento degli insegnanti rispetto agli scambi scolastici sottolineando che la scuola nel suo insieme a dover prendere atto del suo mutato ruolo rispetto al contesto istituzionale”.