I nostri ragazzi “liquidi” vivono in un contesto dove la profondità è assente. Qui esiste il frammento, il “pensiero debole” (G. Vattimo) la prospettiva si riduce al “carpe diem” (Orazio). Eppure chiedono sicurezza e direzione.
Tutto è liquido, la caratteristica del Web
Tutto è liquido nel Web. La navigazione è caratterizzata dal segno meno, dalla leggerezza e quindi dalla liquidità. In pratica c’è un’assenza del corpo, le relazioni sono leggere senza prospettiva i sentimenti sono superficiali, mai pienamente coinvolgenti. Nel Web tutto è semplificato, accessibile, contrapposto alla complessità dell’esistenza concreta.
Il “contagio liquido” nei nostri ragazzi
Per la permanenza costante dei nostri ragazzi h 24 nel Web tutto questo ha delle conseguenze sulla loro formazione. Quale profilo liquido ne scaturisce? In sintesi 1) il corpo è spesso vissuto come un problema, perché lontano dal modello proposto dai massmedia. Quindi lo si “cambia”, lo si “sostituisce” con foto ritoccate, alterate; 2) l’assenza del corpo o la sua facile sostituzione con modelli personali, facilita l’assunzione di profili diversi e contradditori, supportati da adeguati messaggi alterati. La decisione dipende dalla tipologia dell’ambiente virtuale frequentato. E’ la versione 2.0 di “Uno, nessuno, centomila” (L. Pirandello); 4) la superficialità delle relazioni, spesso “uso e getta” facilitate dalla presenza del display e del monitor. Questi dispositivi, infatti, impediscono la fisicità, la “pesantezza sensitiva” (odori, suoni…) determinanti per una profondità relazionale. 5) l’esaltazione del comportamento multitasking che favorisce un’attenzione e un impegno discontinui.
I nostri ragazzi “liquidi” ci fanno capire altro
Sembra azzardato, ma i nostri ragazzi “liquidi” chiedono implicitamente punti di riferimento, una visione prospettica profonda, rapporti “pesanti” e solidi, veicolati dalla fisicità e dai discorsi e dalle parole… Questa richiesta da “leggere tra le righe” conferma il loro bisogno di identità. Questa si costruisce su terreni fermi, ma rassicuranti. In una relazione dove la verticalità non diventa mai distanza, ma accompagnamento. Scriveva A. Camus: ” Non stare davanti a me, potrei non seguirti; non stare dietro di me, potrei non esserti da guida; ma, stai al mio fianco e sii semplicemente mio amico.” Diversamente il ragazzo rischia di scivolare, franare e di non mettere radici. Questa “liquidità”, però, non ha la forza di imbrigliare definitivamente il suo bisogno di identità. Le sue radici assetate di “case identitarie” si volgerebbero verso territori colonizzati dalle “leggi del mercato” o attraverso la relazione orizzontale verso i coetanei, che non hanno molto da proporre. Non è una bella prospettiva!
Gianfranco Scialpi