È successo con la televisione e successe pure con la diffusione degli ideali del “Romanticismo” quando alcuni giovani, sul mito del Werter di Goethe, si suicidarono con le stesse modalità. Se poi la moda riguarda una tecnologia precedentemente ignota è facile che le preoccupazioni parentali abbiano come comune denominatore il rischio di danni permanenti al cervello dei figli.
A parlarne è Linkiesta che ricorda come in alcuni casi di cronaca i colpevoli ammettono di essersi ispirati a film o videogiochi, dimostrando così scientificamente la fondatezza dei peggiori sospetti.
Dopo la straordinaria diffusione di smartphone e tablet si è conseguentemente diffusa la preoccupazione se tali ordigni avessero influenza sui più piccoli, i bambini in età pre-scolastica, particolarmente attratti dallo schermo luccicante che, se toccato, cambia colori ed emette suoni esercita un’attrazione irresistibile rispetto a qualsiasi altro giocattolo che pure possa essere presente nella stessa stanza.
Secondo alcuni scienziati americani il cervello del bambino che gioca con tablet o smartphone rilascia dopamina, un neurotrasmettitore associato al piacere. Nel momento in cui i genitori provano a sottrarre al figlio il suo personale spacciatore di felicità – “ci hai già giocato cinque ore di fila” – il bambino tende a dare in escandescenze, facendo sospettare fenomeni di dipendenza.
Secondo l’associazione dei pediatri americani, rimanendo esposti per numerose ore ai nuovi media si rischiano problemi di attenzione, difficoltà scolastiche, disordini alimentari e del sonno, obesità e predisposizione a comportamenti illegali o rischiosi.
Ma non tutti sono d’accordo. Il Joan Ganz Cooney Center, un’associazione che si occupa di apprendimento dei bambini nell’era digitale, ad esempio ha concluso che i bambini dai quattro ai sette anni hanno molto migliorato il loro vocabolario (+27%), usando una app educativa chiamata “Martha speaks”. Altri studi analoghi testimoniano come, essendo la tecnologia touch molto interattiva (a differenza ad esempio della tv), i bambini siano in grado di sviluppare abilità e ampliare le proprie conoscenze grazie ad essa.
«Bisogna evitare gli approcci ideologici, in un senso o nell’altro», afferma Alba Marcoli, psicologa esperta di infanzia e scrittrice. «È chiaro che l’uomo si deve adattare all’evoluzione della società. Ciò che apprendono i bambini poi lo utilizzano nel resto della vita». Quindi se immaginiamo che nel futuro questo tipo di tecnologie avranno sempre più spazio non è assurdo lasciare che i bambini familiarizzino con esse fin da subito.
«Il pericolo che va evitato – prosegue la dottoressa Marcoli – è che l’eccesso di tecnologia impedisca ai bambini di costruire i propri contenitori mentali, cioè la capacità, che si costruisce lentamente nell’infanzia, di adattarsi alle situazioni difficili della vita senza esserne distrutti. Faccio un esempio: un ragazzo che in tenera età abbia potuto costruire i suoi contenitori mentali, anche accecato da un momento di rabbia, saprà dare uno sfogo evolutivo alle sue emozioni. Al contrario se quei contenitori mancano è più facile avere comportamenti esagerati o autolesivi. Purtroppo si vedono sempre più spesso bambini che sono cognitivamente molto grandi, ma emotivamente ancora piccoli».
Non esiste una regola aurea con cui evitare che la tecnologia danneggi la formazione di questi contenitori, riporta Linkiesta.it «Ognuno – afferma la dottoressa Marcoli – trova il proprio sistema. Non si può avere la pretesa di avere una sola soluzione unica e valida per tutti. Ciò che rende pericoloso l’eccesso di tecnologia è che spesso va a scapito delle relazioni, che sono il contesto in cui i contenitori mentali di cui parlavo si creano. Invece anche in questo ambito è fondamentale che ci sia una relazione – conclude la dottoressa – specialmente tra genitori e figli».
Il consiglio insomma è sempre quello: non lasciare soli i bambini con questi strumenti, guidarli nella scoperta e nell’apprendimento, evitare che entrino nel tunnel (nel caso, evitare di arredarglielo), limitare le ore di esposizione agli schermi e insegnargli anche a divertirsi in altro modo. Se poi ci fossero conseguenze ulteriori e imprevedibili legate all’utilizzo di questa tecnologia lo scopriremo a breve. Secondo un articolo pubblicato sul Wall Street Journal i bambini di due-cinque anni che oggi usano l’Ipad (o altri apparecchi touch-screen) devono essere considerati delle “cavie”. La tecnologia touch-screen ha iniziato a diffondersi sul mercato da un paio d’anni mentre per studi scientifici rigorosi è necessario un periodo di osservazione di tre-cinque anni. Nel frattempo la scelta tra lassismo e paranoia, con un generico buon senso nel mezzo, è lasciata ai genitori.
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