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I parenti dei professori universitari possono avere accesso alle scuole di specializzazione mediche

E’ quanto ha stabilito ieri la terza sezione del Tar di Catania, presieduta da Calogero Ferlisi, accogliendo un ricorso contro una clausola introdotta nel bando per l’a.a. 2010/2011 dell’Ateneo catanese che – ispirandosi ai dettami contenuti nell’art. 18 comma 1 lettera c) della legge 240/2010 (le cosiddette norme “anti-parentopoli” della Riforma Gelmini) e secondo un’interpretazione che trovava riscontro anche in un apposito parere dell’Avvocatura distrettuale dello Stato – non consente la partecipazione al concorso dei candidati che abbiano un grado di parentela o di affinità, fino al quarto grado compreso, con un professore appartenente al dipartimento o alla struttura interessata ovvero con il rettore, il direttore generale o un componente del consiglio di amministrazione dell’ateneo.

Ciò poiché, secondo l’Avvocatura dello Stato, occorreva includere nelle ipotesi di cui alla lettera c), 1 comma, dell’art. 18, oltre alla fattispecie del reclutamento dei docenti, anche “tutte le tipologie di rapporti nei quali, a fronte di un’attività di ricerca, studio, collaborazione o lavoro specializzante, scaturisse comunque l’obbligo per l’Università di corrispondere al privato una borsa di studio o un contributo economico diversamente denominato”.
Il Tar – con propria sentenza – ha ritenuto di annullare questa clausola, stabilendo, invece, che “la disposizione normativa posta a sostegno del bando impugnato ‘in parte qua (ossia il comma 1 dell’art. 18 della legge 240), si riferisce esclusivamente alla chiamata dei professori e risponde all’esigenza, costituente la ratio della norma, di impedire la possibilità di chiamata diretta per quei professori di prima e seconda fascia che abbiano conseguito l’abilitazione nazionale, legati da rapporti di parentela o di affinità con professori appartenenti al dipartimento”.
La sentenza del Tar esclude, inoltre, che il rapporto che si viene ad instaurare tra l’università e il candidato ammesso alla scuola di specializzazione rientri in alcuna delle ipotesi elencate dall’art. 18 della riforma Gelmini, “poiché assolutamente estraneo alla disciplina del reclutamento del personale accademico, in quanto finalizzato esclusivamente all’acquisizione della capacità professionale inerente alla specializzazione medica che si vuole frequentare e non connesso in alcun modo ad un corso di dottorato di ricerca, ai sensi dell’art. 19 della legge 240/2010”.
In base a queste motivazioni, il ricorso è stato pertanto accolto, e il candidato ricorrente è stato ammesso a partecipare al concorso relativo alla scuola di specializzazione d’interesse.

Dal canto suo, l’amministrazione dell’Ateneo catanese dichiara di “accettare l’esito del pronunciamento del Tar, che getta luce – con riferimento alle scuole di specializzazione della facoltà di Medicina e Chirurgia – nell’interpretazione di una norma che aveva visto incerta anche l’Avvocatura dello Stato, e la cui applicazione sembra tuttavia essere mantenuta per i dottorati di ricerca”.

Redazione

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