Secondo i medici pediatri, “La situazione che come pediatri stiamo vivendo in queste settimane rasenta il delirio”, perché non esistono linee guida validi allo stesso tempo per tutti e decisi insieme. “Esistono dei protocolli – riporta Vita.it- per gestire la propria nicchia: uno per i presidi, uno per gli insegnanti, uno per i ragazzi e uno per noi medici”.
“In quasi tutte le regioni ci si basa- contestano i medici pediatri- sulla fiducia reciproca, su un’autocerficazione, a meno che il bambino non fosse già in quarantena per il Covid precedentemente. Ma ogni regione fa a modo suo: in Sicilia c’è bisogno invece di un certificato medico da portare dopo dieci giorni, nel Lazio dopo cinque”, mentre la Lombardia ha emanato un documento nel quale si dice che se il pediatra non ritiene di far fare il tampone al ragazzo, non serve alcun certificato e il bambino può rientrare a scuola.
Anche sui tamponi sono critici: “In Italia tra il momento in cui il pediatra lo richiede e quello in cui riceve il referto passano almeno quattro-cinque giorni. Un tempo eccessivo per un test dove servono quattro ore per avere la risposta”, tuttavia se si ha “il risultato di un tampone nel giro di 36 ore “i pediatri sono in grado di attestare la guarigione o meno del paziente.
Dunque denunciano “una grave falla organizzativa” col rischio che “si fermi il Paese, perché i genitori non possono lavorare e restano bloccati insieme ai figli, magari un’intera settimana per poi avere un risultato del tampone negativo”.
Per quanto riguarda i vaccini, invece, sostengono i pediatri: “Quest’anno è bene che si vaccini il maggior numero di bambini possibile per evitare la concomitanza del Covid con i sintomi influenzali. I vaccini, però nella maggioranza delle realtà ancora non ci sono stati distribuiti».
In Italia infatti mancherebbero 1,25 milioni di dosi di vaccino antinfluenzale.
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