Grande importanza è stata, giustamente, assegnata nel documento del Comitato Tecnico scientifico del Ministero dell’Istruzione, alla necessità di rilanciare i Poli per l’infanzia per le bambine e i bambini da 3 mesi a sei anni, già previsti dal Decreto Legislativo 65 del 2017, per l’importanza che gli investimenti nella primissima infanzia possano influenzare positivamente gli esiti nel corso della vita, le performance scolastiche e contribuire a prevenire e a ridurre le diseguaglianze, come ha scritto James Heckman, premio Nobel per l’Economia già nel 2000.
“I Poli per l’infanzia”, possibilmente strutturati in un unico plesso scolastico, sono stati pensati come strutture di educazione e di istruzione per bambine e bambini, come nuovi “campus per l’infanzia” da considerarsi non solo meri progetti architettonici, ma un modo di sperimentare modalità innovative di continuità, di stabilizzazione e consolidamento delle sezioni primavera e come utile banco di prova della cultura zero-sei.
Nell’ultimo decennio il tema di qualità nell’educazione e cura della prima infanzia ha ricevuto sempre più attenzione nella ricerca, nella politica e nei dibattiti pedagogici a livello europeo e nazionale e il Quadro europeo per la qualità dei servizi educativi e di cura per l’infanzia, documento che si focalizza sul ruolo dell’educazione e della cura dei bambini per realizzare un’idea “nobile” di cittadinanza europea, solidale, inclusiva, ne è una testimonianza.
L’età infantile rappresenta una risorsa preziosa per lo sviluppo di ogni Paese. Non a caso Rudyard Kipling affermava: “Datemi un bambino da 0-6 anni e potete tenervi tutto il resto”, dal momento in cui è nell’arco di questa fascia di età che si gettano le fondamenta dello sviluppo delle potenzialità di ogni bambino raggiungendo il picco più elevato della curva dell’apprendimento ed è già a questa età che si gettano le basi per il successo scolastico.
In Italia, l’investimento pubblico nei bambini nella prima fase del ciclo di vita (0-3) è più basso nel confronto con gli altri Paesi europei.
La rete dei servizi educativi costituita da circa 13.000 strutture accoglie il 24,7% dei bambini, mentre il target proposto dall’Europa è del 33%. La percentuale della frequenza à assai differente tra il Nord, il Centro e il Sud (dal 47,1% della Valle D’Aosta all’l’8,6% della Campania). L’offerta di nidi pubblici è ancora più critica: solo il 17% dei bambini sotto i 3 anni ha un posto garantito contro il 35-55% della Francia e dei Paesi nordici.
L’ipotesi dei Poli per l’Infanzia nasce dall’esigenza primaria di garantire, sin dalla nascita, pari opportunità di educazione e di istruzione, di cura, di relazione e di gioco a tutte le bambine e i bambini, concorrendo ad eliminare disuguaglianze e barriere territoriali, economiche, etniche e culturali, attraverso il superamento della dicotomia tra servizi educativi per la prima infanzia e la scuola dell’infanzia, costruendo un percorso educativo e formativo unitario, pur nel rispetto della specificità di ciascun segmento e ponendosi l’ambizioso traguardo di portare il livello dei servizi educativi per la prima infanzia, cioè rivolti a bambini al di sotto dei tre anni, fino alla soglia del 33%.
Questa nuova attenzione verso l’infanzia si spera, inoltre, possa concretizzarsi nell’emanazione da parte del Ministero, che sinora è stato latitante, delle Indicazioni nazionali per l’infanzia per dare una cornice pedagogica al variegato sistema integrato dei servizi educativi per l’infanzia composto da nidi e micronidi, sezioni primavera, servizi integrativi, distinti in: spazi gioco,centri per bambini e famiglie, servizi educativi in contesto domiciliare.
L’attenzione istituzionale verso l’infanzia è una risposta, inoltre, ai diritti all’educazione come impegno “etico”, oltre che “educativo”, della società nei confronti delle nuove generazioni, partendo dal presupposto che una rete estesa di strutture educative sia la migliore garanzia per la coesione sociale, per il supporto alle giovani coppie, per invertire la tendenza alla natalità.
Investire nelle giovani generazioni diventa indispensabile per una società che guarda al futuro.
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