Un altro gruppo di lavoratori della scuola intraprende un ricorso per l’assunzione a titolo definitivo rivolgendosi alla Corte di Giustizia europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo: nei mesi scorsi, sostenuti dalla Gilda di Roma, ci avevano provato alcune decine di precari della provincia capitolina con almeno tre contratti annuali alle spalle. Ora è la volta di 68 tra insegnanti, amministrativi ed ausiliari “storici” della provincia di Como. Tutti vantano sempre almeno tre contratti fino al termine dell’anno scolastico e ritengono quella della giustizia europea una chance che vale la pena di giocarsi.
In passato, era il 1990, i giudici di Strasburgo diedero ragione prima ad un gruppo di lavoratori precari che avevano firmato dei contratti a termine con lo Stato della Grecia: in quell’occasione (anche se va specificato che sono passati ben 18 anni) i giudici del Lussemburgo si espressero positivamente perché la riconferma ad oltranza dei contratti a tempo determinato venne considerata “abusiva”. Poi, più di recente, lo scorso ottobre, l’espressione favorevole da parte della stessa Corte di Giustizia europea è giunta verso un lavoratore spagnolo, sempre statale ma già a tempo indeterminato: l’accostamento alla causa intrapresa dei nostri precari della scuola è però d’obbligo perchè al lavoratore spagnolo il proprio Stato non aveva mai considerato il lungo periodo di precariato ai fini della carriera lavorativa. La Corte di Strasburgo ha sovvertito la sentenza considerando validi tutti gli scatti di anzianità, esattamente come si trattasse di personale statale in ruolo. Un’interpretazione, quindi, che la dice quindi lunga sulla “benevolenza” dei giudici lussemburghesi verso questo tipo di tematiche.
La decisione dei precari di Como di rivolgersi alla Corte europea è giunta dopo che nelle settimane scorse il giudice del lavoro si era espresso negativamente sul loro ricorso: secondo il tribunale di Como le norme in vigore che rendono pressoché obbligatoria l’assunzione del lavoratore nel settore privato a seguito di una serie di contratti a tempo determinato, non si applicherebbero infatti nelle pubbliche amministrazioni. Dove al termine del rapporto di lavoro a tempo prefissato, in pratica si perdono tutti i diritti.
Secondo l’avvocato che difende il gruppo di lavoratori della scuola, Elisabetta Di Matteo, la legislazione europea interpreta però questo tipo di querelle ben diversamente: “La normativa comunitaria – sostiene Di Matteo – sottolinea infatti il principio di non discriminazione e della parità di trattamento, quindi situazioni simili non possono essere trattate in maniera diversa”.
Se ora la Corte di Giustizia europea dovesse sconfessare la linea dei nostri giudici per la maggior parte dei 200.000 lavoratori precari annuali della scuola si aprirebbero importanti prospettive. Per loro il ruolo non sarebbe probabilmente automatico (anche perché non vi sarebbero nemmeno i posti per accogliergli). Ma di sicuro per il Governo italiano (tutto impegnato sul versante tagli e razionalizzazioni) si verrebbe a costituire una “grana” non di poco conto.