Al movimento dei precari gli auguri del Minsitro Profumo non vanno proprio giù e lo fanno sapere con una lettera aperta dai toni in parte ironici (se non sarcastici) e in parte polemici.
“Anche noi – esordiscono i precari – le auguriamo una Pasqua serena, ma auspichiamo che sia, nel contempo, per Lei, una Pasqua di riflessione, di autoanalisi e, soprattutto, di profonda resipiscenza, dal momento che constatiamo una dolosa e sconcertante discrasia, al limite della dissociazione mentale e morale, tra il valore che Lei sembra attribuire alla Scuola e la Scuola che invece Lei sta preparando per le nuove generazioni”
I precari parlano soprattutto di quei provvedimenti che, a loro parere, stravolgono non solo la struttura del nostro sistema scolastico ma anche il modo di lavorare degli insegnanti.
Sotto accusa sono in particolare la proposta di “ridurre di uno o due anni l’iter formativo degli studenti” [proposta che peraltro, per quanto se ne sa, risulta ormai accantonata, ndr] e il regolamento sulla valutazione delle scuole.
Ma non mancano critiche pesanti all’uso dei test sia nei confronti degli studenti (“la cicuta dell’Invalsi” la definisco i precari) sia nelle fasi iniziali di reclutamento del personale docente (Tfa, concorsi, e così via)
Nei suoi auguri Profumo dice spera che la Pasqua aiuti insegnanti, docenti e famiglie a riscoprire il senso della comunità ?
La risposta dei docenti precari è tagliente: “Non abbiamo bisogno della Pasqua perché la solidarietà, quella più forte, vera e fraterna, l’abbiamo sviluppata in piazza, ritrovandoci fianco a fianco dietro gli striscioni, nei cortei di protesta, urlando insieme la nostra rabbia contro la vostra arroganza e i vostri tentativi di annichilire la Scuola statale”
E poi un pesante attacco alla presunta modernità di alcune proposte del Ministro.
“Chi Le ha riferito – chiedono retoricamente i precari al Ministro – che i libri multimediali, per la cui fruizione l’80% delle scuole non è attrezzata (protestano già gli editori e i dirigenti) siano graditi agli studenti?”
E, ancora più sottilmente: “Quale norma costituzionale Le dà modo e diritto di interferire con le metodologie di insegnamento, strettamente legate ai contenuti disciplinari?”
“La modernità – concludono non senza qualche ragione i precari – non sta nei tablet e nelle lavagne multimediali, utili a far concludere ottimi affari a fornitori pronti a gettarsi sul nuovo mercato; la modernità sta nella libertà di rielaborare i concetti, nel coraggio di smascherare i presunti precetti e nella capacità di modificare i vigenti assetti!”
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