È stabilito con certezza che le risorse investite nella scuola sono decisive per il futuro degli allievi: la teoria è datata 1996, quando si dimostrò numericamente – facendo ricorso anche alla maggior facilità con cui i nati all’inizio dell’anno lasciavano gli studi anticipatamente – quanto le risorse assegnate a una scuola e gli anni di frequentazione possano essere determinanti per il reddito futuro di un allievo. A realizzarla sono stati i premi Nobel per l’economia 2021, nominati nella serata dell’11 ottobre.
Chi sono i premi Nobel per l’economia 2021
Si tratta di tre professori universitari statunitensi: il primo è David Card, classe 1956, canadese di nascita, e che insegna alla University of California, Berkeley “per i suoi contributi agli studi empirici sull’economia del lavoro”. L’altra “metà” del premio, è stata assegnata congiuntamente a Joshua Angrist, nato nel 1960, che insegna al Massachusetts Institute of Technology e Guido Imbens, classe 1963, olandese di nascita e che insegna alla Stanford University: “per i loro contributi metodologici alle analisi delle relazioni casuali”.
Secondo l’Accademia reale svedese delle scienze di Stoccolma, i loro esperimenti “non voluti” (naturali) hanno aperto nuove strade che hanno rivoluzionato la ricerca empirica, ad esempio sui legami causa-effetto nel mercato del lavoro ma estendendosi anche a altri ambiti di ricerca. Come la scuola.
L’esperimento naturale del 1996
Lo studio realizzato nel 1996 dimostrò numericamente – facendo ricorso anche alla maggior facilità con cui i nati all’inizio dell’anno lasciavano gli studi anticipatamente – quanto le risorse assegnate a una scuola e gli anni di frequentazione possano essere determinanti per il reddito futuro di un allievo. Secondo il comitato del premio Nobel, dagli studi di Card, poi sviluppati da Angrist e Imbens, che ne hanno ulteriormente affinato le metodologie sugli esperimenti naturali, difendendone l’efficacia, “abbiamo anche realizzato che le risorse messe nelle scuole sono ben più importanti di quanto precedentemente stimato per il futuro successo di uno studente”.
“Molti, specialmente nel mio ambito – ha detto Imbens, l’unico dei tre presente in diretta, in collegamento, alla conferenza stampa di annuncio – pensano che frequentare licei o università di alto livello sia cruciale per il successo di una carriera. Quello che ho dimostrato, lavorando con Guido, è che spesso questa è una illusione. La gente che ha fatto bene a scuola tende a fare bene nella vita, ma lo farebbe indipendentemente da dove è andata a scuola”.
L’aumento del salario minimo non riduce lavoro
Un altro esempio del saper distinguere una reale correlazione da eventi che accadono simultaneamente ma non hanno nesso di causalità, e all’interno di essa trovare ciò che è causa e ciò che è effetto, è stato lo studio che mostra, confrontando i fast food in New Jersey e Pennsylvania, che l’aumento del salario minimo in New Jersey non aveva affatto diminuito gli occupati.
Card, in particolare, ha analizzato gli effetti sul mercato del lavoro di salari minimi, immigrazione e istruzione: i suoi studi, negli ultimi 30 anni “hanno messo in discussione precedenti assunti, ad esempio mostrano che aumentare i salari minimi non per forza si traduce in meno lavoro”.