Fare il dirigente scolastico è diventato sempre più complesso e poco conveniente, anche alla luce dei magri stipendi che percepisce la categoria rispetto alle responsabilità.
“I presidi non ne possono più. Sono arrivati a minacciare scioperi della fame e della sete. Gridano inascoltati l’insostenibilità della situazione”.
A scriverlo alla ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, sono stati, il 24 maggio, sette dirigenti di istituti scolastici del Piemonte.
“Sono aumentati i carichi amministrativi e – continuano i ds – la molestia burocratica ha raggiunto vette ineguagliate. Alcuni presidi sono stati sanzionati (in tema di sicurezza degli edifici – e quali edifici!) per inadempienze altrui, o sono stati raggiunti da ingiunzioni di pagamenti erariali che, con il nostro stipendio, saranno in grado di saldare dopo qualche secolo di lavoro”.
Secondo i firmatari della missiva alla ministra, i presidi oggi dovrebbero possedere le competenze di un ingegnere, contare su uno studio legale e un ufficio che istruisca appalti pubblici, rispondere ai vari monitoraggi “che Ministero, Invalsi, Regioni ed enti locali gli richiedono a getto continuo”, contenere il cyberbullismo e intanto occuparsi di didattica, di alternanza scuola-lavoro, di gestire i rapporti con studenti e famiglie.
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Difficile non essere d’accordo. Ma c’è un passaggio della lettera che farà discutere: il dirigente, scrivono ancora i sette capi d’istituto piemontesi, “dovrebbe poter contare su una macchina efficiente. E, invece, in alcuni casi, si ritrova in segreteria quattro bidelli promossi, in sanatoria, ad assistenti amministrativi. Spesso con invalidità al lavoro, propria o di qualche famigliare”.
I presidi si dicono quindi a corto di personale. Anche questo è un inequivocabile, visto che il personale è stato tagliato, le supplenze brevi non si possono quasi più fare e nessun potenziamento è stato previsto per il personale Ata. Anzi, ad inizio anno sono stati tagliati altri 2mila posti.
Andare però a rimarcare la presenza di alcuni collaboratori scolastici passati a svolgere il ruolo di amministrativi e il fatto che una parte di loro possa fruire dei permessi di invalidità, non crediamo che possa essere un motivo che dà sostanza alla protesta.
A nostro parere, rischia, invece, di alimentare divisioni e spaccature tra i lavoratori. Anche perché il passaggio al ruolo professionale superiore è previsto dal contratto. Come le invalidità sono legate a certificazioni mediche rilasciate da strutture pubbliche.
Anche perchè lamentarsi per gli effetti del loro rilascio non crediamo che sia fondamentale per convincere il Miur, e prima ancora il Mef, a cambiare linea.
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