“La guida di una scuola non è solo amministrativa o gestionale, ma deve essere soprattutto pedagogica, didattica e di attenzione al processo educativo: io continuo a sostenere che troppo spesso noi presidi ci scordiamo di essere stati degli insegnanti”: a dirlo alla Tecnica della Scuola è Giusto Catania, a capo dell’Istituto comprensivo “Giuliana Saladino” di Palermo. “Mi sento soprattutto un insegnante – ha spiegato ai nostri microfoni -, nel senso che per diventare preside, come io penso vadano chiamati gli attuali dirigenti scolastici, bisogna essere stati necessariamente degli insegnanti. Ecco, io penso che per fare bene il dirigente scolastico bisogna ricordarsi quotidianamente di essere stato insegnante”.
Durante il suo intervento, lei ha anche detto che il merito non è collocabile all’interno della scuola perché la scuola non è un’azienda: può spiegarci meglio questo concetto?
Il concetto di istruzione e il concetto di merito sono in antitesi, perché l’istruzione è una pratica che prevede l’inclusione e la solidarietà: mentre il merito è una pratica competitiva e la scuola deve essere tutto tranne competizione. La scuola deve favorire l’inclusione dei più deboli, deve favorire la crescita delle competenze individuali, delle conoscenze collettive: per questa ragione, il merito, così come è stato definito in questi ultimi mesi, è incompatibile con il concetto pedagogico di educazione.
Questa visione andrebbe adottata anche nella gestione dei fondi del Pnrr?
Io penso che la gestione fondi del Pnrr vada collocata dentro un ragionamento generale. Per troppo tempo abbiamo pensato che il problema della scuola fosse la quantità di denaro da investire nelle scuole, in realtà il problema non riguarda la quantità ma la qualità. Credo che vi sia la necessità di avere un progetto pedagogico e didattico per la scuola italiana, che però in questo momento non c’è, malgrado la quantità straordinaria di finanziamenti che stanno arrivando negli istituti e che è troppo spesso sono serviti per dotare le scuole di apparecchiature tecnologiche e per rinnovare gli arredi. Ma questo non è sufficiente per fare una scuola migliore: credo che vada fatto un piano chiaro, perché i soldi del piano Pnrr dovrebbero servono in particolare a migliorare l’azione educativa delle scuole.
Lei ha fatto riferimento al fatto che la sua, come tante scuole, con i nuovi parametri sul dimensionamento scolastico potrebbe essere a rischio chiusura: ha chiesto pubblicamente di non utilizzare il solo numero di alunni iscritti per mantenere in vita l’autonomia. Perché?
Credo che il parametro quantitativo sia non utilizzabile per l’educazione. Noi dobbiamo valutare l’impatto che le scuole hanno su territori, quello che producono nei processi educativi del territorio: attuare semplicemente un taglio netto, un taglio orizzontale, sulla base solo del numero dei degli studenti, credo che non sia utile per il ruolo che deve svolgere lo Stato sui territori. Faccio l’esempio della mia realtà: l’Istituto comprensivo Giuliana Saladino è l’unica presenza dello Stato in quel territorio palermitano e credo che nella situazione della mia scuola ci siano tante altre istituzioni scolastiche, per cui valutare esclusivamente il dimensionamento scolastico sulla base quantitativa sulla base dei numeri degli iscritti è veramente un danno al futuro della scuola, ma soprattutto al futuro della democrazia nel nostro Paese.
La scuola con questo nuovo dimensionamento non perderebbe però la sua efficacia didattica, ma solo l’autonomia a livello dirigenziale, di Dsga e di segreteria: cosa accadrebbe in questo caso alla sua scuola?
Aspettiamo i numeri ufficiali, di capire cosa succederà. Però l’elemento fondamentale è che con questo dimensionamento viene meno il principio dell’autonomia scolastica: io su questo voglio insistere, perché ci hanno spiegato che nella nuova idea di scuola costruita sull’autonomia, risalente al 1997, sarebbe stato fondamentale il rapporto col territorio: un patto educativo tra la scuola e il territorio. Il dimensionamento scolastico invece rompe questo modello in cui la società civile, le associazioni, le parrocchie, concorrono alla crescita educativa.
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