I primi passi del ministro Giannini

Le recenti dichiarazioni del neo Ministro dell’Istruzione Prof.ssa Stefania Giannini  meritano una riflessione approfondita non solo e non tanto perché provengono da una cattedra di tale autorevolezza, ma perché sembrano cogliere alcuni punti nodali della situazione della scuola italiana come non l’avevano fatto i suoi predecessori.
Ripercorriamo alcune di tali dichiarazioni così come sono apparse sui media e senza disporle secondo un ordine di priorità, dedicando loro, di volta in volta, il nostro commento in spirito collaborativo.
Quando il Ministro afferma la necessità di “premiare gli insegnanti migliori” tocca la spinosa questione della “carriera” dei docenti. Si tratta di una materia in cui hanno cercato di porre le mani diversi ministri, ma immediatamente le hanno ritirate, talvolta dopo essersele gravemente scottate (il riferimento al Ministro Luigi Berlinguer è d’obbligo). Aespi non è contraria in modo pregiudiziale a un intervento di questo genere, ma sottolinea l’opportunità di soddisfare contestualmente  almeno due condizioni. La prima è che la “carriera” si articoli nei limiti della specificità della funzione docente, non sviluppandosi in settori di natura burocratica e amministrativa. E’ ad esempio possibile immaginare una suddivisione del Collegio Docenti in dipartimenti, con un docente a capo di ciascuno. E’ anche possibile ipotizzare l’istituzione di un “Coordinatore della didattica” che affianchi un Dirigente sempre più preso da oneri che con l’insegnamento non hanno a che fare. Non sarebbe invece corretto, a nostro avviso, insistere sulla strada delle attuali “figure di sistema” (o simili) con incombenze prettamente organizzative ed extradidattiche, figure che peraltro si stanno estinguendo di dolce eutanasia a cagione dell’esiguità dei compensi aggiuntivi. La seconda condizione da rispettare è che questa eventuale architettura di quadri legati alla didattica non finisca per deprimere i residuali docenti-peones, i quali rimarrebbero di gran lunga i più numerosi e ai quali, in fin dei conti, spetterebbe l’onere di impartire l’istruzione. Il punto è proprio questo: se la “carriera” finisce per premiare e gratificare l’ennesima ristretta casta di enfants gâtés annidata all’ombra del Dirigente, si rischia un “effetto-boomerang” di generale disimpegno da parte di quanti rimarrebbero fuori dalla stanza dei bottoni e degli onori, con le ricadute che possiamo immaginare. Sarebbe forse meglio, allora, istituire meccanismi premiali legati non tanto all’articolazione delle funzioni, ma all’aggiornamento presso quelle che restano le principali agenzie culturali della Nazione: le università. Il superamento di esami (non dunque la semplice certificazione della frequenza) dovrebbe costituire, in quest’ottica, la leva di legittime ambizioni personali oggi depresse e la condizione per un miglioramento stipendiale. Questo secondo modello, fondato sull’eccellenza culturale, è, a parere di AESPI, preferibile al primo.
Sulla questione degli stipendi – considerati nella loro entità  e non in relazione all’articolazione della carriera – è peraltro interessante quanto ancora più recentemente dichiarato dallo stesso Ministro. La Prof.ssa Giannini afferma che è importante: “praticare con i fatti che gli insegnanti siano figura fondamentale nella società, non solo all’interno della scuola: questo significa revisione di un contratto che è mortificante. Non solo perché pagato poco ma anche perché non ha meccanismi premiali” (Repubblica 2.03). Dei meccanismi premiali abbiamo già detto. Ciò che conta in questo passaggio è invece la presenza di una non troppo velata critica ai politici che a parole gratificano la categoria degli insegnanti con i più sperticati elogi (“baluardi della democrazia”, “custodi della Costituzione” ecc. ecc.) ma nei fatti li abbandonano nella morta gora di una frustrante condizioni professionale. Non si può negare che questo appello affinché, manzonianamente, “la vita sia il paragone delle parole” appare una piacevole novità rispetto alle ritualistiche e false blandizie di cui gli insegnanti italiani sono stati oggetto da diversi anni in qua. 
Condivisibile senza se e senza ma è infine la dichiarata disponibilità del Ministro al rilancio della scuola paritaria, mediante lo sblocco dei fondi già stanziati (223 ml.) ma a tutt’oggi chiusi nel congelatore. Le dichiarazioni della Prof.ssa Giannini sorprendono, anche in questo caso, per il loro andare al fondo della questione. Eravamo infatti abituati a timide e impacciate difese della scuola non statale (anche da parte dei più direttamente interessati) fondate per lo più su considerazioni economicistiche (“le paritarie permettono allo Stato di risparmiare sui costi del sistema istruzione”) o in chiave di pur bonario darwinismo sociale (“la concorrenza fra pubblico e privato stimola tutti gli istituti scolastici sul piano della qualità”); considerazioni pur condivisibili ma che trascurano, forse temendolo in quanto politicamente scorretto, il cuore del problema. Ed ecco questo cuore attinto senza titubanza dal Ministro, il quale ieri mattina ha dichiarato nel corso di una intervista su Rai 1: “La libertà di scelta educativa è un principio europeo ed è un principio di grande civiltà”.
Ecco centrato il punto. La scelta educativa a chi compete? Di fatto allo Stato, secondo quanti si rifanno a un rigido laicismo statolatrico. Alla famiglia, dice AESPI da sempre. Il Ministro Giannini sembra d’accordo con noi. E’ lecito chiedersi se lo saranno anche certi suoi colleghi di maggioranza: noi ce lo auguriamo per la serenità del Ministro e soprattutto per il bene del nostro sistema di Istruzione.
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