I programmi di tutti i partiti dell’attuale campagna elettorale hanno la scuola come punto focale. Il loro riferimento, però, non è l’istituzione prefigurata dalle regole esistenti: tutte le proposte mirano a rafforzare il tradizionale, obsoleto assetto organizzativo. I politici hanno trascurato che i programmi e le materie di studio non sono il traguardo: essi costituiscono “lo strumento e l’occasione” per la piena formazione dei giovani.
Lo sviluppo di competenze è la nuova meta. Queste sono la manifestazione delle potenzialità intellettive e operative degli studenti [capacità e abilità] che sono il fondamento della progettualità didattica.
Per tratteggiare il campo inesplorato si ipotizzano tre momenti dell’ordinaria programmazione dell’azione educativa del collegio dei docenti:
Si tratta di una visione arricchita dei saperi: pone l’analisi disciplinare come piattaforma della formazione dei docenti.
La nuova visione faciliterà l’ideazione dei percorsi d’apprendimento, centrati sul protagonismo degli studenti [laboratori].
Lo sviluppo della capacità di ricerca è il primo traguardo; la rete va interrogata: i comportamenti da promuovere sono la curiosità, la percezione, la definizione e la soluzione di problemi.
Altrettanto importante è la consapevolezza della differenza tra dato e informazione: i primi sono elementi derivanti da un’osservazione diretta, non manipolati; le informazioni sono la risultante della loro lettura, fatta in funzione di uno specifico problema.
Anche la valutazione della veridicità di una notizia è un punto nodale, così come lo é l’adozione di una terminologia univoca.
Concludendo: l’orizzonte elettorale appare oggi molto nebuloso perché il toto-ministri prefigura, come responsabile dell’istruzione, accademici che auspicano il ritorno alla cattedra sul predellino e alla comunicazione unidirezionale.
Enrico Maranzana
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