Sono diversi i punti ancora poco chiari contenuti nelle linee guida di riforma in questi giorni – fino al 15 novembre – all’esame della cittadinanza italiana. La redazione della Tecnica della Scuola li ha selezionati sulla base dei quesiti e delle osservazioni poste nelle ultime settimane dai lettori. Ma anche durante il convegno sulla ‘Buona Scuola’, organizzato la scorsa settimana dalla casa editrice presso il liceo Statale “Turrisi Colonna” di Catania. Oltre che nel corso dell’incontro organizzato il 10 ottobre dai Giovani Imprenditori Confindustria della città etnea, dove il nostro direttore ha intervistato Francesco Luccisano, capo della segreteria tecnica del ministro Giannini ed estensore del rapporto sulla ‘Buona Scuola’.
Il primo dei punti oscuri, passateci il termine, riguarda la composizione del nucleo di valutazione: quelle che, secondo la proposta del Governo, in ogni istituto dovrebbero andare a decidere i parametri per selezionare il 66% di docenti meritevoli di accedere agli aumenti stipendiali. Le domande, in merito, sono: da chi saranno composte tale commissione? Chi deciderà la scelta dei membri? Quali margini di autonomia avrà, rispetto alle indicazioni nazionali, nello stilare le griglie di valutazione da adottare? Verranno ricostituite ogni triennio, in corrispondenza della periodica assegnazione dei premi, oppure saranno permanenti?
Alcuni docenti, intervenuti nei dibattiti, hanno poi messo in dubbio la conferma degli aumenti acquisiti: il Governo, quindi, farebbe bene a spiegare se un docente che percepisce l’aumento per merito dopo un triennio potrà comunque mantenerlo anche qualora non dovesse essere collocato nella categoria del 66% dei meritevoli stilata nel triennio successivo. La logica dice sì, ma non tutti sembrano così sicuri.
Un altro punto su cui occorre fare chiarezza riguarda il passaggio relativo alla mobilità professionale dei docenti: coloro che non riusciranno ad accedere al merito, “poco meritevoli, ma non necessariamente cattivi insegnanti”, si legge nelle linee guida, avranno infatti la possibilità di spostarsi in altri istituti.
Nella speranza di trovare docenti meno meritevoli di quelli in servizio nella scuola di provenienza: in sostanza, dovranno scegliersi una scuola con docenti, diciamo così, mediocri. Ma la mobilità di un docente è un processo difficile dal compiersi: nella secondaria, in particolare, dove esistono decine e decine di classi di concorso, è vincolata alla presenza di istituti della stessa tipologia. E soprattutto alla vacanza dei posti. Forse, il problema potrebbe risolversi con l’avvio dell’organico funzionale, che dovrebbe prevedere una serie di posti aggiuntivi a prescindere dai posti effettivamente liberi. Ma fino ad un certo punto: la corsa alla scuola di basso livello se la potranno aggiudicare solo pochi eletti, quelli con maggiore anzianità. Per gli altri, invece, non rimarrà che mettersi l’anima in pace. E attendere che il colleghi più bravi vadano in pensione.
E nel frattempo rimanere con lo stipendio bloccato. O no?
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