Possiamo star sereni: abbiamo saputo che la revisione della spesa pubblica, più nota come “Spending review”, è davvero in mano alla persona giusta! Il suo artefice ha infine trovato il bandolo della matassa. Non era la lauta tripletta di onorevoli, consiglieri regionali e supermanager, non gli evasori fiscali né i banchieri a far cigolare la cerniera dell’economia italiana.
Non erano gli F35, non il Mose né l’Expo Milano 2015. A far saltare i cardini del bilancio dello stato – udite, udite – erano i “Quota 96”. Fautore della scoperta è il gran Cottarelli. I telegiornali, come spesso accade, hanno gettato il cuore oltre l’ostacolo. Hanno urlato la verità senza tema di ritorsione: la colpa è degli insegnanti, hanno detto, o meglio di quei 4.000 lavoratori della scuola cui è stato accordato il privilegio di andare in pensione dopo appena quarant’anni di onorato servizio. Stante l’accresciuta aspettativa di vita, si tratta chiaramente di una nuova generazione di baby pensionati.
Non lo sapevate? Odiosi corsi e ricorsi della storia! “A leggere i giornali di oggi e a sentire le dichiarazioni del commissario per la spending review Carlo Cottarelli”, incalza Mariangela Bastico, ex senatrice e viceministro dell’Istruzione, “sembra che il ripristino del diritto alla pensione per i circa 4.000 docenti, ingiustamente bloccati dalla normativa Fornero, sia la causa del dissesto finanziario dello Stato”. Ancora una volta le cronache politiche si tingono di farsa e fanno concorrenza ai comici di professione.
La verità, però, non fa per niente ridere se a ricostruirla (e a farle onore) sono, nel dettaglio, Francesco Boccia e Manuela Ghizzoni. Oggi il primo ha abilmente rimandato al mittente per ben due volte, dagli studi televisivi di Omnibus e dalle autorevoli colonne del quotidiano “La Stampa”, il pregiudizio dei detrattori interessati rivendicando energicamente la paternità di questo atto politico che non esitiamo a definire “storico”. Egli ha infatti precisato che l’approvazione dell’emendamento a favore di questo minipopolo non è un favoritismo né una facile regalia dell’ultima ora a scopo elettorale.
I “Quota 96”, infatti, sono piuttosto vittima di un diritto scippato ignominiosamente dal governo Monti per il quale lottano infaticabilmente da oltre 30 mesi. Si tratta quindi di un atto dovuto, come ammesso dalla stessa Fornero, che aveva sbadatamente confuso l’anno solare con l’anno scolastico. Un “errore grossolano”, aggiungerà Boccia, sintomo del bieco disinteresse verso l’istituzione più importante di uno stato civile. Un fatto che non si deve liquidare sbrigativamente né far deformare dai media.
Anche Manuela Ghizzoni, prima firmataria insieme a Maria Marzana dell’emendamento approvato alla Camera, è intervenuta oggi a chiare lettere in difesa della verità, per spiegare che l’emendamento relativo a questi lavoratori, inserito nel decreto Madia sulla Pubblica Amministrazione, “non interviene sul sistema previdenziale” ma, sic et simplciter, emenda un “errore”.
Non è stato “concesso alcun privilegio a questi lavoratori”, puntualizza la deputata democratica, i quali, per l’appunto, “non sono esodati» né “sono stati trattati da esodati”. Quello che il parlamento ha fatto, aggiunge l’onorevole Ghizzoni, è che è stato “ristabilito l’esercizio di un diritto”, l’esercizio di un “diritto leso”.
La politica, ha concluso la deputata, ha anche questo compito: “sanare le ingiustizie e proporre modelli di equità”, alzare, per così dire, la qualità stessa delle sue istanze. Spetta alla politica decidere le priorità di spesa. La Camera, finalmente, dopo tante genuflessioni, si è riappropriata della propria centralità istituzionale.
Giuseppe Grasso
Comitato Quota 96
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