Separare gli alunni a seconda delle loro caratteristiche e dei loro limiti è una visione di scuola retrograda. Del secolo scorso. Come si può pensare che in un contesto fatto di allievi “simili”, per interessi o dna, si possa puntare al potenziamento del ragazzo? La crescita culturale e umana, ce lo insegna la pedagogia, passa invece per l’interazione tra diversi. Pensavamo che dagli anni Settanta il concetto fosse diventato un “totem” per chi organizza la formazione giovanile. Ma evidentemente non è così, perchè c’è ancora chi ogni tanto torna a proporre classi ghetto o speciali, formate da ragazzi difficili o con problematiche varie di apprendimento.
Addirittura, apprendiamo da un’agenzia di stampa Ansa che una scuola superiore di Evanston, in Illinois, “ha attuato da alcuni anni un programma che consente agli studenti di frequentare classi separate per razza, ma non per razzismo, al contrario, per colmare le lacune di apprendimento”.
L’iniziativa dl distretto scolastico di Evanston sarebbe motivata dalla volontà di “aiutare gli studenti delle minoranze, offrendo loro la possibilità di scegliere aule separate”.
I responsabili dell’iniziativa hanno spiegato che da decenni lottano senza successo contro il notevole divario di risultati accademici tra studenti afroamericani, latinoamericani e bianchi. Queste classi facoltative, dette “di affinità”, sono state progettate – hanno spiegato i dirigenti promotori – per affrontare proprio tale divario, facendo sentire gli studenti più a loro agio in classe.
Il problema è che non si tratta di un caso isolato, perché il distretto nell’Illinois non è l’unico ad aver adottato questo programma: anche scuole in Minnesota, California e nello Stato di Washington offrono lezioni facoltative divise per razza.
Più di qualcuno si è comunque, giustamente, opposto: il direttore del National Education Policy Center, Kevin Welner, ad esempio, ha detto che “le classi divise nelle scuole superiori sono semplicemente una soluzione a breve termine alle disuguaglianze razziali, che invece le minoranze devono affrontare nella società nel suo insieme”.