Categorie: Didattica

I ragazzi e i social: troppe menzogne prese per vere

L’Università di Stanford ha appena pubblicato uno studio secondo il quale l’82% dei ragazzi di scuola media non sarebbe capace di riconoscere una notizia vera da una falsa.

In totale, scrive startupitalia.eu, lo studio ha analizzato 7.804 risposte somministrate agli studenti e come test sono stati usati screenshot da pagine di siti, da Twitter, Facebook e altri media. Naturalmente ogni esercizio è stato adattato a seconda dell’età degli studenti.

Nel mondo dei media si è diffuso l’uso del cosiddetto “native advertising”, cioè dei contenuti sponsorizzati, che altro non sono che pubblicità “camuffate” da notizie e storie. Lo studio di Stanford ha chiesto ai ragazzi delle scuole medie di identificare, in un sito web, le notizie, le pubblicità esplicite e i contenuti sponsorizzati (o native).

Se in molti riuscivano a indicare con facilità notizie e pubblicità, in pochissimi hanno riconosciuto il native advertising.

 

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Oltre l’80% degli studenti pensava che le storie fossero vere, nonostante avessero la dicitura “sponsored content”. Alcuni hanno perfino confermato di aver letto l’etichetta “sponsored”, ma nonostante questo continuavano a credere che fossero comunque attendibili: la prova che non avevano idea di che cosa significasse.

Gli studiosi di Stanford, scrive sempre startupitalia.eu, hanno presentato in un test una foto che è  stata diffusa su Facebook con delle margherite modificate, e la didascalia che le indicava come un risultato delle fuoriuscite nucleari della centrale di Fukushima. Il test questa volta si rivolgeva a studenti delle scuole superiori: alla domanda se quella foto fornisse “forti prove” delle reali condizioni naturali in prossimità della centrale di Fukushima, solo il 20% degli studenti ha dato una risposta scettica. Circa il 40%, invece, ha asserito che la foto offriva una prova attendibile in quanto immagine visiva. In altre parole, per i ragazzi, la foto, era sufficiente a provare l’inquinamento.

Secondo i risultati dello studio di Stanford, anche gli studenti universitari hanno avuto forti difficoltà a valutare dei tweet

 

Sono nativi digitali, ma non sanno riconoscere una notizia da una bufala. Dalle pubblicità dei cosmetici camuffate da articoli, alle bufale montate dal blogger complottista di turno. Una valanga di informazioni gli passa davanti agli occhi ogni giorno e loro prendono tutto (o quasi) per buono.

Dallo studio condotto dal prestigioso ateneo americano emerge un dato forse ancora più allarmante: se gli adulti hanno smesso di dare importanza alla verità i giovani troveranno sempre meno persone disposte a insegnare loro gli strumenti per difendersi dalle menzogne, per capire la differenza tra verità e pubblicità, tra opinione e fatto, tra informazione e propaganda. 

Pasquale Almirante

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