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I ragazzi non sanno più scrivere: ma è davvero colpa di Internet?

I ragazzi che approdano all’Università non sanno più scrivere un testo articolato.

Perché, se viviamo in un epoca con un numero di scolarizzati più alto rispetto al passato, con metodologie didattiche più moderne, più mezzi e docenti complessivamente più preparati, gli studenti di oggi mostrano chiare difficoltà quando devono redigere un testo scritto ?

E veramente tutta colpa di Internet come potrebbe pensare chi vuole autoassolvere la scuola?

A fare questa interessante riflessione è Roberto Maragliano Docente di Tecnologie dell’istruzione che su Agenda Digitale, prova a percorrere una via di uscita. Secondo l’esperto ci sono due tipi di scrittura: la scrittura “fisica”, cioè quella tradizionale che si impara a scuola e la scrittura “acquatica” quella che si utilizza nel mondo di Internet.

Tre sono gli aspetti da considerare per analizzare il fenomeno. Per prima cosa non possiamo considerare analfabeti i giovani che non utilizzano la scrittura tradizionale e non farlo per gli adulti alle prese con lo scrivere male e con un linguaggio non appropriato un post sui social.

Il secondo postulato da tenere in considerazione è che non esiste un solo modello di scrittura: “Le lingue vivono nel tempo e del tempo; e interagiscono con gli spazi fisici ed umani che le accolgono e le alimentano”.

La terza questione da non sottovalutare è l’esigenza di collegare la parte formale da quella informale della scrittura tipica dei Social.

Una società in continua evoluzione non può non tener conto della dinamicità e dei cambiamenti della scrittura.

Come non si deve commettere il banale errore di pensare che il Nativo Digitale sia di per sé un “Alfabetizzato Digitale”: in sostanza , al vantaggio strumentale dei più giovani non sempre si associano adeguate competenze comunicative; il dato anagrafico preso come unico fattore differenziante tra esperti e non esperti non è quindi sufficiente.

Il nativo Digitale senza un’adeguata formazione può commettere spesso errori banali alla stregua delle persone più mature che hanno conosciuto gli strumenti della Rete in età adulta.

Per citare Adams potremmo dire che: “Qualunque cosa sia stata inventata dopo che abbiamo compiuto trentacinque anni va contro l’ordine naturale delle cose

Su Internet il linguaggio ha avuto una forte evoluzione ed è cambiato nel tempo. I primi cybernauti per sopravvivere a problemi tecnici e ristrettezze della banda usavano un linguaggio asciutto, sintetico, zeppo di acronimi. Si navigava solo su pesanti PC che solo pochi fortunati possedevano.

I tempi molto lunghi per accedere al “nuovo mondo” (accensione del PC, apertura del browser, ecc) facevano sì che si curasse molto la scrittura. Era ancora un mondo di elite, per pochi intimi, non c’erano foto e faccine ma si usava solo il testo. Aveva accesso alla rete solo chi, in virtù di una buona posizione socioeconomica poteva possedere un computer; questo faceva sì che la selezione all’ingresso fosse, in un certo senso, piuttosto impietosa, tagliando fuori sia chi non aveva dimestichezza con la rete (e non aveva motivo di farsela) sia gli strati più disagiati sia economicamente e da un punto di vista educativo della popolazione.

Con l’avvento dei social, il linguaggio è cambiato rapidamente. Da una posizione previlegiata si è passati ad essere normale lo “stare in Rete”. È cambiato il linguaggio con l’introduzione delle faccine Emoji , ma anche il modo di comunicare fatto di contenuti, foto, video , musica .

Il linguaggio in alcuni casi diventa parte integrante del gioco uno su tutti Fortinet, spesso esportato dai ragazzi anche fuori dal gioco. Cambia il modo di scrivere , non più troncato come negli anni novanta ma si cambiano le lettere: ecco allora usare la K al posto del Ch.

I giovani anche se con un linguaggio acquatico continuano a scrivere, a modo loro senza applicare le regole della grammatica, ma continuano a farlo.

Sbagliato però, dicono gli esperti, considerare questo nuovo modo di scrivere come una regressione , mentre va considerata come una sorta di desacralizzazione della scrittura. I giovani che scrivono in maniera sgrammaticata sui social, spesso adeguano il linguaggio al contesto di riferimento, non per questo vuol dire che hanno perso la capacità di scrivere.

Dino Galuppi

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