La cosa che più che mi ha colpito non è il dato referendario, ma il silenzio che ha coperto i dati del Censis, usciti pochi giorni prima. Sui figli e nipoti che oggi si trovano penalizzati rispetti ai nonni ed ai genitori.
Il clima italiano, la temperie dei nostri dibattiti, la sostanza delle nostre polemiche: tutto concorre a creare una sorta di “evasione dai problemi di fondo”, di timore e di terrore, persino, nei confronti del “principio di verità”.
La conseguenza è l’immobilismo. Ed il conseguente gioco dello scaricabarile. Tragico gioco di società.
Come rendere effettiva la pari-opportunità generazionale, inter-generazionale, senza più scaricare sui giovani, costretti, i più brillanti, a cercare salvezza all’estero? Senza più scaricare, cioè, su di loro le contraddizioni non risolte dei loro padri e dei loro nonni.
I giovani (dai 18 ai 35 anni), ecco la mia proposta scandalosa, dovrebbero “votare due volte”, avere cioè due voti a disposizione, per cambiare le regole del gioco e l’accesso reale ad un modo istituzionale e del lavoro che è, come dire, immobilizzato.
Né i partiti né i sindacati oggi, a di là degli slogan da perenne campagna elettorale, riescono più ad alzare la testa, a pensare un futuro possibile, a dare segni di speranza.
Il grande tema dell’effettiva equità, tema che coinvolge tutti, dovrebbe costituire il primo punto programmatico di un governo che non si limiti al piccolo cabotaggio, per garantire poltrone ai vecchi e ai nuovi politici.
La cornice di “equità” è quella che dà “senso”, prima delle ipotesi di riforma o di promesse di vario tipo. Chi legge mai i dati demografici, immaginando la nostra Italia tra 10 o 20 anni?
Mi piacerebbe che si parlasse, più spesso, di “bene comune”, di giustizia, di competenza e di merito. In poche parole. Altri modi per invocare un valore poco presente nel nostro mondo italico, cioè il “principio di responsabilità personale”, compresa la certezza del diritto.
Mentre, invece, continuano a dominare le logiche corporative, chiuse, tese a garantire i garantiti, a conservare privilegi scambiati per diritti.
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