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I ricchi possono scegliere la scuola, i poveri no

L’articolo di Michele Serra continua ad alimentare il dibattito sul bullismo contro i prof, il cui fenomeno sarebbe più pronunciato negli Istituti tecnici e professionali, frequentato da ragazzi di famiglie poco abbienti, piuttosto che nei licei, dove il ceto sociale farebbe la sua parte.

Tuttavia, secondo un commentatore del Sole 24 Ore, non sempre le cose sono così semplici. Il vero problema starebbe nel fatto che i ricchi posso scegliere che scuola frequentare, i poveri no.

“L’idea di fondo, implicita, ma neanche tanto, è che l’arroganza, la maleducazione, la mancanza di rispetto e di ogni regola interiorizzata dipenda da uno svantaggio socio-economico”. Invece, per l’articolista del Sole, “Il problema, vero, non è, quindi, che i ricchi sono più bravi dei poveri, ma che i ricchi scelgono scuole migliori di quelle che scelgono i poveri. Il problema vero, allora, non ha tanto a che con lo status socio-economico delle famiglie di provenienza, ma piuttosto con il meccanismo attraverso il quale, le scuole selezionano i propri iscritti. La catena di trasmissione della diseguaglianza non sta tanto nel tipo di famiglia di provenienza, quanto piuttosto nel meccanismo che determina la scelta di certe scuole piuttosto che altre. Si chiama “selezione avversa” ed è un fenomeno molto studiato in economia”.

“Se una scuola ha fama, meritata o no, di essere difficile, in essa si auto-selezioneranno gli studenti più motivati o le cui famiglie sono più interessate al prestigio o all’ambiente sociale, non necessariamente i più bravi, ma magari quelli che tengono più al titolo. Spesso ciò avviene su indicazione degli stessi insegnanti delle scuole medie che indirizzano, sulla base di discutibili criteri, i loro studenti e le famiglie verso certe scelte piuttosto che altre”.

«Consideriamo il caso ipotetico – suggeriscono gli esperti dell’Ocse – di due studenti con un background socio-economico familiare uguale a quello medio. Uno frequenta una scuola dove la maggior parte dei coetanei proviene da famiglie abbienti; l’altro, invece, frequenta una scuola dove la maggior parte dei compagni proviene da famiglie svantaggiate dal punto di vista socio-economico. I dati indicano che il primo studente mostrerà, in media, in tutti i Paesi dell’Ocse, una performance di lettura di 32 punti in più rispetto al secondo studente, e questa differenza supererà i 50 punti in diversi paesi, come Italia, Germania, Ungheria, Lussemburgo e Turchia». («Equity and Quality in Education», Ocse).

Quindi serve davvero a poco nascondersi dietro la questione dello status socio-economico dei ragazzi e delle loro famiglie, è come guardare il dito invece della luna; occorre piuttosto mettere sotto la lente d’ingrandimento il modello di scuola che abbiamo progettato, implementato e rafforzato in questi ultimi anni, questo sì che conta. Una scuola ancora classista, dove le differenze in partenza, invece di ridursi, si accentuano, dove la professione dei genitori ancora influenza la composizione delle classi e le valutazioni dei professori, dove la partecipazione alle attività extracurriculari e spesso anche a quelle curricolari è sempre più spesso a pagamento”.

Pasquale Almirante

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