I riservisti soglia 35 – Concorso 2012

Spett.le Redazione,

 

L”art 3 della Costituzione italiana dichiara:“Tutti i cittadini […] sono eguali davanti alla legge […]”…

…Che poi nella pratica non sia così è cosa nota in Italia, così come è, purtroppo, consuetudine che spesso le P.A. ci ricevano senza intenzione di ascoltarci; nel caso di questo gruppo di cittadini, la situazione è ancora più paradossale :si rifiutano d’incontrarci, come se P.A. fosse divenuto improvvisamente l’acronimo di “Privata Amministrazione” piuttosto che Pubblica e, mentre scriviamo, ci domandiamo se, forse, siano intenzionati a fare delle P. A. quello che stanno cercando di fare della scuola pubblica: Privatizzare.

La vicenda paradossale nella quale siamo coinvolti, inizia tre anni fa, quando viene indetto il concorso a cattedra 2012 che prevede come primo atto un test di sbarramento che, come da dichiarazione del Miur, ha il mero scopo di scremare il numero dei partecipanti alle successive vere e proprie prove concorsuali di merito; tale test preselettivo consta di 50 domande dai contenuti molteplici e la soglia di sbarramento per il superamento dello stesso è erroneamente fissata a 35/50 invece che a 30/50, come prevede la legge italiana in merito alle fasi di preselezione concorsuale. Come molti di coloro che non raggiungono la soglia d’accesso prevista arbitrariamente dal Miur, decidiamo di rivolgerci ai Tar che dispongono istanza cautelare di partecipazione alle successive prove concorsuali che superiamo brillantemente e che ci vedono inseriti con riserva nelle graduatorie di merito; successivamente, alcuni Tar appurano e confermano la palese ingiustizia commessa e sentenziano definitivamente il diritto dei ricorrenti ad essere inseriti a pieno titolo in quanto vincitori del concorso; i colleghi riconosciuti dalla legge come vincitori, diventano titolari di contratto a tempo indeterminato con l’immediata immissione in ruolo!

A noi, invece, che qualche fatalista definirebbe “beffati dal destino”, spetta altra sorte: l’attesa! Poco male penserete, cosa volete che siano solo tre anni per ottenere una sentenza in Italia?! Invece no, perché le sorprese non finiscono qui in quanto, nella bozza del D.L. della Buona Scuola, poi divenuto DdL (ad oggi…!) ed emanato dal Ministero, viene sancito che entro la metà del 2015 (la data non è ancora indicata precisamente, come si fa “all’italiana”) chi non sarà inserito a “pieno titolo” nelle graduatorie sarà “eliminato”, proprio come avviene nei reality show!

Ergo, ci troviamo doppiamente beffati, da un lato dal costante rinvio dei tribunali, dall’altro dalla scelta del Ministero di escluderci a prescindere; questo atteggiamento dell’esecutivo e del suo Ministero, creerebbe solo ulteriore discriminazione violando molti dei diritti fondamentali di noi cittadini, in primis quello dell’ uguaglianza davanti alla legge!

Come ante detto, abbiamo chiesto più volte al Miur un tavolo di confronto per discutere insieme del paradosso illegale che si sta delineando ai nostri orizzonti, pur sembrandoci inverosimile dover rammentare ad una pubblica amministrazione il contenuto dell’art. 3 Cost. e non solo di esso!

Dalla nostra abbiamo diversi precedenti giuridici che dovrebbero fare giurisprudenza, che ci incoraggiano a non mollare: avrebbero potuto incontrarci, leggere la documentazione, ascoltare le nostre ragioni e cercare di trovare una “soluzione legale” e comune, piuttosto che pensare di risolvere il problema ignorandolo e attivando di riflesso e irrimediabilmente, altri procedimenti giuridici a catena (l’Italia che si morde la coda!).

Ci stupisce il silenzio totale, assordante, ignorante la voce dei cittadini di cui “loro” sono res pubblica!

Vi chiediamo per tale ragione di “darci voce”, di rendere pubblica la nostra situazione, pubblica come l’Amministrazione che ci scotomizza come il peggiore dei docenti, quello che ignora le esigenze degli studenti e invece di insegnare, distrugge il sapere, un insegnante che magari è ben indottrinato, che magari ha superato con il massimo dei voti un test preselettivo, ma che poi non conosce il valore empatico dell’insegnamento. Noi siamo docenti che la scuola la facciamo ogni giorno, ma a tempo determinato, noi siamo docenti che sanno ascoltare i bisogni dei propri allievi e che cercano di far sbocciare tra i banchi di scuola il piacere e l’amore per il sapere, che spronano a non arrendersi di fronte alle difficoltà, noi siamo quei docenti che hanno superato una preselezione con un punteggio tra i 30/50 e i 34,5/50 (secondo le leggi e non secondo un bando), noi siamo dei docenti che ancora credono nel valore di un concorso pubblico e che pretendono la loro cattedra, sudata e vinta con orgoglio e passione!

Mentre scriviamo e analizziamo questa paradossale situazione, ci giunge spontanea una considerazione: non è uno Stato di diritto quello in cui un cittadino elemosina l’attenzione delle Istituzioni, nello specifico chiedendo semplicemente di essere ascoltato.

Noi, da veri insegnanti, continuiamo a credere ancora di vivere in una Democrazia (dal gr. dēmokratía, comp. di dêmos ‘popolo’ e del tema di kratéō ‘comando) e non ci arrendiamo perché per un vero insegnante, non esiste la parola “sconfitta”!.

I lettori ci scrivono

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