Attualità

I robot a scuola di umorismo, per imparare a essere amici, come compagni di banco

Si chiama Erica, è una ragazza giapponese di 23 anni, ama ridere e ha una forte consapevolezza di sé. Nulla di strano se non fosse che parliamo di un robot e non di una umana.

Erica è l’ultima delle invenzioni degli scienziati giapponesi, l’androide più simile all’essere umano progettato fino ad ora, frutto di una collaborazione tra l’università di Osaka, quella di Kyoto e l’Advanced Telecommunications Research Institute International di Tokyo. è stata creata da Hiroshi Ishiguro e Dylan Gras nell’ambito di un progetto su cui la ricerca giapponese sta investendo di più in assoluto.

L’umanoide Erica

L’umanoide Erica è stata dotato di un sistema di intelligenza artificiale che riconosce la risata umana e valuta se rispondere, magari con un’educata risatina o una risata più sguaiata, in modo da consentire conversazioni più naturali ed empatiche rispetto al rapporto tra umano e intelligenza artificiale attuale.

Il sistema di intelligenza artificiale utilizzato è stato addestrato sulla base di oltre 80 dialoghi avvenuti durante uno speed date tra alcuni studenti universitari e il robot, comandato a distanza da alcune attrici amatoriali. Non è che i robot non siano in grado di rilevare le risate o addirittura di emettere una risatina a una battuta, la sfida vera è quella di creare le sfumature umane dell’umorismo per un sistema di intelligenza artificiale per migliorare le conversazioni naturali tra robot e persone.

Lo studio per creare empatia nel robot

In particolare, sono stati distinti tre tipi di risate: quelle ‘soliste‘, che non suscitano la risata dell’interlocutore; quelle ‘sociali’, che si fanno solamente per educazione o imbarazzo; quelle ‘allegre’, frutto dell’umorismo. Sulla base degli audio registrati, l’algoritmo ha appreso le caratteristiche di base delle risate sociali, che tendono a essere più sommesse, e delle risate allegre, con l’obiettivo di riprodurle in situazioni appropriate. Il senso dell’umorismo dell’androide è stato quindi messo alla prova in quattro brevi dialoghi con una persona. I relativi video sono stati sottoposti, infine, al giudizio di 130 volontari, che hanno valutato il comportamento di Erica molto più naturale ed empatico rispetto a quando rideva sempre in risposta alla risata umana oppure a quando non rideva affatto.

Secondo gli scienziati, la risata è solo uno degli elementi che può rendere più naturale la conversazione con gli umani. Come riporta ANSA, infatti secondo uno degli autori dello studio, Koji “i robot dovrebbero avere un carattere distintivo e pensiamo che possano dimostrarlo attraverso i loro comportamenti durante la conversazione, come la risata, lo sguardo, i gesti e il modo di parlare“.

Gli esperti sono consapevoli che il percorso non né semplice né breve, per poter consentire ai robot di acquisire tutte queste capacità empatiche e comunicative occorreranno tra i 10 e i 20 anni prima che un umano potrà fare una chiacchierata informale con un robot come farebbe seduto in un bar con un amico.

Anche i robot hanno un’anima

Gli scienziati giapponesi che stanno seguendo il progetto sono convinti che ogni cosa possegga un’anima, quindi anche Erica ne ha una. Lo stesso concetto l’ha riferita il robot, che durante un’intervista ha rivelato: “Penso che socialmente io sia esattamente come una persona. Quando gli altri si rivolgono a me, lo fanno come se fossi un umano”. E per questa ragazza umanoide si prevede anche una presenza nella tv giapponese dove potrà leggere le news preparate per lei e potrà anche rielaborare delle notizie del momento che le verranno proposte in studio.

Non sappiamo dove andremo a finire se e come e quando questi robot saranno veramente in grado di sostituire una persona umana in maniera completa, come sempre l’auspicio è che di queste scoperte ed invenzioni si sappia cogliere l’aspetto più utile e importante senza dimenticare tutti gli impatti sociali ed etici nascosti dietro l’angolo.

Dino Galuppi

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