Sempre più vicini all’uomo e in grado di sostituirlo in tante attività manuali e ripetitive, adesso i robot impareranno le buone maniere, potremmo dire quasi l’educazione, al fine di conoscere la capacità di collaborare con l’uomo rispettando sempre lo spazio personale.
Si parla di vere e proprie lezioni di ‘bon ton’: sono quelle in corso in Argentina, all’Università San Juan di Buenos Aires, dove si insegna loro a non invadere lo spazio personale degli interlocutori umani, mentre negli Stati Uniti, alla Kettering University in Michigan, si svolgono lezioni più pragmatiche per perfezionare le interazioni fisiche tra robot e umani.
Come riporta l’ANSA i programmi’ di questi corsi sono descritti in due articoli su “IEEE/CAA Journal of Automatica Sinica”, la rivista pubblicata dalla più importante organizzazione al mondo di ingegneria elettrica ed elettronica (Ieee) e dall’Associazione cinese per l’automazione.
Secondo Antonio Frisoli professore di robotica alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, “questo genere di ricerche è fondamentale per sviluppare dei robot sociali capaci di lavorare al fianco dell’uomo in maniera naturale e discreta”.
Per svolgere il ruolo di Infermiere, badante, addetto alla receptions, o come assistente personale i nostri robot dovranno quindi imparare prima di tutto a non essere troppo invadenti con il loro amici e clienti umani.
In pratica, dovranno essere in grado di svolgere il loro lavoro senza invadere la privacy e le distanze ritenute accettabili, in modo da non suscitare paura o imbarazzo, perché come affermano gli esperti “gli umani rispettano gli spazi personali quando interagiscono fra loro: allo stesso modo anche un robot che segue un umano deve rispettare le zone sociali per migliorare la sua accettazione”.
Le distanze fisiche sono state studiate e misurate dall’equipe dell’ingegnere argentino Daniel Herrera, che traducono in formule matematiche da insegnare ai robot quello che gli umani mantengono fra loro quando si muovono insieme secondo le diverse regole date dagli usi e costumi dei diversi popoli del mondo.
Un altro aspetto fondamentale in questo tipo di studio di ‘bon ton’ è l’interazione fisica con l’uomo. I ricercatori del Michigan hanno usato, infatti, come allievo un simulatore chirurgico dotato di intelligenza artificiale.
Grazie ad un sistema di apprendimento basato sull’intelligenza artificiale, una sorta di insegnante meccanizzato, il robot ha imparato a riconoscere ad esempio se l’uomo al suo fianco è un principiante o un chirurgo esperto, modulando di conseguenza la propria attività di supporto in modo da essere d’aiuto e non un elemento di disturbo.
Questa capacità “taylor made” dei robot di adattarsi a qualsiasi tipo di interazione con l’uomo è una caratteristica che gli consentirà di essere di aiuto in qualsiasi circostanza e contesto di riferimento.
Un atteggiamento collaborativo cucito su misura in base alla perfomance dell’uomo. Un robot più vicino all’uomo, quindi ma sempre con le dovute distanze!
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