Un tempo i fantastici racconti di Giulio Verne saranno stati considerati visioni utopistiche, invenzioni irrealizzabili, frutto della fervida immaginazione dell’autore
Probabilmente anche i libri di fantascienza di Asimov, sul mondo dei robot, venivano letti e affascinavano i lettori per la loro carica di affascinante creatività, resa, però, più attraente e intrigante da un contesto di rapido sviluppo tecnologico in cui nascevano dalla inesauribile e fertile mente dello scrittore.
Che dire poi di quei film fantascienza (intergalattici e stellari) che, a partire dagli anni ’50 (anno più anno meno) in avanti, presentavano macchine sempre più simili agli uomini, nelle sembianze e nelle capacità pratiche ed intellettive?
Sarà questo il futuro, questo ci aspetta? La domanda si agitava nella mente insieme ad una certa ansietà.
Ed ecco qui. Alla fine ci siamo arrivati o quasi.
Nuovi robot, sempre più umanizzati (una mente artificiale, capacità di parlare e di pensare autonomamente. arti superiori e inferiori, grande mobilità, probabilmente anche un’anima di microchip), tendono a sostituire l’uomo in molti ambiti professionali. Non solo azioni di fatica, ma anche interventi di precisione o, arriviamo al dunque, attività di docenza.
Proprio così. L’insegnamento. Proprio un vero progresso! E non è solo un ipotetico progetto.
Leggo, infatti, su alcuni giornali (magari fosse una falsa notizia!), con non troppo stupore (se mai con rassegnazione) di esperimenti svolti in alcune scuole italiane (ma sarà così anche in altri Paesi, soprattutto quelli più tecnologicamente avanzati) in questo senso.
Androidi di ultima generazione, con un loro nome e cognome (forse anche una carta di identità e un codice fiscale) si presentano in classe, senza grande sorpresa degli allievi (ormai abituati a interagire con le macchine e a ubbidire alle loro logiche), e incominciano a svolgere regolari lezioni, riscuotendo un successo enorme ed ottenendo risultati assai elevati. Sì sono veramente più efficaci dei poveri uomini e delle disorientate donne che ancora provano, con grande impegno ad insegnare.
Ma è una battaglia persa.
Presto dagli esperimenti si passerà all’attuazione ufficiale su larga scala e la presenza di docenti androidi, dall’aspetto perfettamente umano, invaderà tutto il sistema formativo. Un risparmio per le casse della Stato si produrrà nel corso degli anni e il bilancio statale ne trarrà, alla lunga, grande giovamento.
E noi, noi docenti umani che fine faremo?
La nostra missione si ridurrà, a poco a poco. Alla fine saremo gli assistenti dei nostri capi androidi. Assistenti nell’insegnamento, ma non per molto.
Finiremo soltanto per svolgere opera di manutenzione o semplicemente di pulitura dei nostri padroni di metallo.
Dovranno anche loro curare (o farsi curare) l’aspetto esteriore.
Probabilmente tra dieci o vent’anni non esisteranno più professori umani (qualche residuo declinante forse).
L’istruzione sarà nelle mani e nei circuiti elettronici dei nuovi uomini o donne, fatti di metallo e di circuiti artificiali, sofisticati e dalle mirabolanti prestazioni didattiche. Nulla a che vedere con le basse performances dei docenti di un tempo (solo carne e ossa).
Quando ciò accadrà pero proprio di non essere più costretto a lavorare.
Arrivare presto alla pensione. Riuscirò prima che tutto si trasformi e si deformi?
Lo troverete infantile, eppure ho voluto conservare, in un cassetto nascosto di un mobile di casa mia, i registri cartacei di un tempo, ormai inutili.
Dovrei buttarli via, ma… maledetta nostalgia.
Certo mi rendo conto di non riuscire ad integrarmi nei cambiamenti sempre più numerosi, rapidi, vorticosi, non del tutto comprensibili che ci attanagliano e guidano secondo il loro volere. Allo stesso tempo mi sento ancora più ancorato al passato. Un vero dilemma.
Meno male che le nuove generazioni so fatte di altra pasta, abituate a convivere (fino a che punto?) con le macchine, prime creature poi creatrici.
Mi compiaccio di questo mi affido a loro, così entusiasti di questo mondo virtuale e algoritmico.
“Le nuove tecnologie avranno il potere di stimolare lo sviluppo di certe abilità intellettuali, tra cui il saper ragionare per affrontare la soluzione di un problema, im parare ad imparare ed essere spettacolarmente creativi. L’ integrazione delle nuove tecnologie nella didattica faciliterà il percorso di appropriazione di conoscenze, favorirà la socialità, la condivisione, la collaborazione. Sia tra insegnanti sia tra gli alunni”.
Avremo un mondo perfetto dunque. Almeno ‘sulla carta’. Inchiniamoci davanti a queste innovazioni che miglioreranno il mondo.
Ed io che pensavo di dovermi confrontare con allievi sempre meno motivati e sempre più dipendenti da strumenti umani e non umani!
Come al solito sbaglio. Ormai sono da rottamare. Come non capire il nuovo che avanza? Perché dovrei mai preoccuparmi?
Scusate è la mia ignoranza.
Andrea Ceriani
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