“Gli insegnanti sono preoccupati perché temono di trovarsi davanti al fatto compiuto e cioè stipendi bloccati e lavoro aumentato senza neanche essere stati ascoltati. E se così fosse, siamo pronti a mobilitarci”.
I sindacati della scuola, pubblica Il Corriere della Sera, sono sul piede di guerra, mentre si avvicina l’approvazione del decreto sulla Buona Scuola. Ma nel frattempo, brontolano i sindacati, “nessuno ci ha ascoltato né convocato: abbiamo chiesto al ministro dell’Istruzione Stefania Giannini un incontro-confronto sui provvedimenti che il decreto conterrà e finora nessuna risposta è pervenuta”.
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Secondo Flc-Cgil, Cisl Scuola e Uil Scuola “gli insegnanti rischiano di perdere fino a 8.500 euro l’anno” e dopo l’ultimo incontro del 13 novembre scorso col governo più nulla. La preoccupazione dei sindacati, che diventano coì portavoce dei docenti, deriva dal sospetto che nel decreto Buona Scuola vengano inserite per legge questioni di grande rilievo come la quota oraria e la retribuzione degli insegnanti.
“Il rapporto di lavoro si regola per contratto e non per decreto”, tuonano “Perché una cosa è assumere 140 mila precari un’altra è intervenire su materie che hanno una ricaduta diretta sul rapporto di lavoro, a partire dalle retribuzioni che per legge rientrano nella disciplina contrattuale”.
Per ora, sostengono, le uniche cose note sono le indiscrezioni giornalistiche col rischio che si possa arrivare, senza un preventivo confronto “al blocco dell’anzianità e togliere gli scatti”, anche perché, se davvero si va verso le figure dei tutor e dei mentor, “bisognerà risparmiare su tutti i docenti per poi pagare quella quota del 20-30% che entrerebbe a regime, secondo la Buona Scuola, solo dal 2019”.
Quindi, dice la coalizione sindacale, “si vende qualcosa di futuribile scontentando tutti”, mentre il governo da un lato pregiudica “le relazioni sindacali” e dall’altro “creare un clima di forte tensione e preoccupazione fra il personale. E noi – dicono i segretari generali Domenico Pantaleo, Francesco Scrima e Massimo Di Menna – vogliamo evitare il braccio di ferro”.
Intanto gli studenti annunciano una giornata di mobilitazione nazionale per il 12 marzo, quando i ragazzi dell’Unione degli Studenti scenderanno in tutte le piazze delle principali città italiane: “Se il Governo pensa di procedere a tappe forzate per riformare la scuola contro le nostre istanze si sbaglia di grosso. Renzi vuole liquidare facilmente le proteste degli ultimi mesi, ma noi non faremo dei passi indietro”.
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