Gentile redazione,
in piena stagione PNRR, con centinaia di migliaia di euro, completamente inutili perché inseriti in un progetto generale non funzionale, si finge di non sapere quale sia il vero problema della scuola italiana come istituzione.
Il problema primario, nella quasi totalità dei contesti, è l’insufficienza degli spazi e più in generale, anche laddove gli spazi ci sono, la loro concezione modellata su di un’idea di scuola che ha fatto il suo tempo ormai da qualche decennio. Io non capisco come si possa continuare a parlare di investimenti su strumenti di laboratorio (progetti STEM), di spese per arredi innovativi, di formazione del capitale umano indirizzata verso chissà quali strategie didattiche innovative, quando in una moltitudine di contesti ci sono gli intonaci dei soffitti delle aule che cadono a pezzi, le aule non a norma rispetto al numero di studenti (una classe di 25 studenti dovrebbe essere minimo 49 mq per legge), le strutture senza un certificato di collaudo statico (che sia coerente con la nuova normativa tecnica e sismica).
Il punto di partenza deve essere dunque uno ed uno solo… gli “spazi”, che vanno ricostruiti e ripensati, che consentano un curricolo flessibile e la possibilità per gli studenti di vivere la scuola anche a contatto con l’aria aperta, di fare esperienza in laboratori ampi e luminosi, di avere un contatto formativo con i docenti che vada oltre la “lezione”. Io penso che non esista un politico che si possa dire contrario ad una prospettiva del genere, perché non la si attua allora?
La risposta è semplice, significherebbe investire in maniera abnorme (un vero e proprio piano Marshall) nel settore istruzione, altro che le 212 scuole innovative del progetto Futura (altra iniziativa quanto meno questionabile), qui ci sono decine di migliaia di istituti scolastici da rimodellare, e non c’è alcuna volontà politica di farlo, anche perché significherebbe erodere risorse a tanti altri settori.
In tempi di crisi economica (anche se a dirla tutta io che ormai sono a quota 50, non ricordo un solo periodo della storia d’Italia in cui non eravamo in crisi economica) sarebbe giusto investire tanto su di un unico settore?
La mia idea è chiara dal contesto, ma non ho la pretesa di pensare che sia quella giusta. Ciò che mi fa riflettere è che è evidente come la scuola italiana sia destinata ad un lento declino per “non sostenibilità”, e questo indipendentemente dalla qualità più che buona dei docenti che la tengono in vita, e da quella ottima dei ragazzi che da una esperienza fuori dal tempo e disastrosa riescono comunque a tirar fuori livelli di competenze elevati, spesso e volentieri inspiegabili; trovo personalmente assurdo che nessuno sembra avere chiara questa visione, e che nessuno faccia niente per cambiare il corso degli eventi (a meno che non si pensi che avere l’ultimo modello di robot didattico chiuso in un armadio, significhi avere una scuola innovativa).
Massimiliano De Iuliis
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